"La TAV interessa anche a noi. Perché è vero che produciamo prodotti alimentari ad alto consumo locale, ma una porzione importante va all'estero. E le infrastrutture sono sinonimo di competitività e quindi ci servono la Torino Lione, ma anche Asti-Cuneo, Terzo Valico e così via. Perché se perdiamo 2000 aziende all'anno, il tema è anche legato a una difficoltà ad essere competitivi".
L'eco della manifestazione di sabato mattina non si spegne, a Torino. E rimane protagonista anche in occasione del bilancio dell'Annata agraria 2018 di Confagricoltura Piemonte. Lo scandisce con chiarezza il presidente, Enrico Allasia, mentre elenca numeri e tendenze del settore primario. "E accanto alle nuove strade serve anche manutenzione di quelle già esistenti".
Perché anche i campi devono coltivare l'innovazione, accanto alla tradizione. Lo dicono i numeri che tracciano l'identikit di un 2018 a due facce, soprattutto legato a un meteo dall'andamento bizzarro. Freddo e pioggia in primavera e caldo e siccità in estate, con le conseguenze immaginabili per le due produzioni "stagionali". Hanno quindi sofferto le coltivazioni precoci, mentre sono andate decisamente meglio quelle tardive. E soprattutto la vendemmia ha dato grandi soddisfazioni, eccellente e in recupero rispetto all'anno precedente.
Dunque bene mais, riso e soia, così come pesche, mele e piccoli frutti, mentre l'unica nota fuori dal coro è quella del kiwi. Dietro la lavagna invece grano e orzo, verdure primaverili e frutta precoce.
I numeri più significa sono però quelli delle aziende: 53000 in tutto sulla nostra regione, 12.219 solo a Torino e provincia, di cui quasi 10.800 individuali, ma in costante diminuzione. La provincia più numerosa resta Cuneo, con 20.034. "Sono sopravvissute quelle che sanno puntare sulla qualità, ma anche sul rispetto dell'ambiente e sulla multifunzionalità", dice Allasia. "Serve più sensibilità del Governo verso chi fa ricerca, sviluppo e innovazione. Ma devono anche costruire un dialogo attivo con l'Unione Europea, con particolare attenzione agli accordi internazionali, anche bilaterali".
Una tutela ulteriore per un export che comunque regala un 2018 dall'andamento ottimo. E ogni riferimento al Ceta non è causale (apprezzato, se rispettoso dei vincoli europei) o al recente accordo con il Vietnam, che soprattutto per il mondo-riso non convince, anzi preoccupa.
Dal punto di vista degli allevatori, sembrano riprendersi dalla crisi i mercati di polli, tacchini e uova. Stabili i bovini, anche se la prima della classe resta sempre la Piemontese. Stabile il latte, mentre sono i suini a soffrire un calo. Chi dà segnali di ripresa è l'apicoltura.
"Qualche timore lo abbiamo anche verso la Brexit - ammette Allasia - così come la futura architettura della PAC. Ci sono aziende nate con lei, che di fatto è un'integrazione al reddito. E una riduzione di circa il 20% potrebbe essere pesante da sostenere. Anche se è indubbio che dovremo pensare a un futuro senza PAC".
Altro capitolo che incide sulla competitività è quello del lavoro. "Ci siamo battuti per la reintroduzione dei voucher che invece, per come sono stati rimodulati, di fatto non funzionano. Non per nulla, si è scesi in tutta Italia da 2,2 milioni a 100mila. E si è tornati al contratto agricolo a tempo determinato, ma nell'agricoltura non si è mai fatto un abuso di quello strumento".
E sulla fattura elettronica "il mondo agricolo è penalizzato, visto che in alcune aree nemmeno arriva la banda larga e Internet fatica. L'obbligatorietà dal 2019 richiede del buon senso per una introduzione graduale di questi meccanismi".