"Vicini dalla comunità cinese, lontani dal razzismo. È un nuovo corona virus, non è un virus cinese. Sì alla solidarietà, no al razzismo. Forza Cina, forza Wuhan!”. È questo lo slogan con cui si è aperto oggi il flash mob in Piazza Castello, organizzato dall’istituto Confucio dell’Università di Torino in collaborazione con diverse associazioni italo-cinesi.
L’iniziativa è nata per necessità di lanciare un messaggio di vicinanza e di speranza all'intera comunità cinese presente a Torino e alla Cina stessa. Da quando la notizia del Coronavirus si è diffusa, l’opinione pubblica è radicalmente mutata, sfociando in atteggiamenti razzisti e in un disastroso calo di clientela nelle attività cinesi.
"Il Coronavirus non è una malattia specificamente cinese. Perché avere paura di un cinese e non di un americano? Dobbiamo lottare, condividere e amare insieme". Queste sono le parole di una studentessa del Politecnico e membra di ASCIC (Associazione per lo scambio culturale Italia-Cina). "Non dovremmo essere spaventati – continua la ragazza – Abbiamo bisogno che la comunità cinese venga capita e supportata".
Stefania Scafutti, direttrice dell’Istituto Confucio e professoressa di lingue e culture dell’Asia all'Università di Torino, sostiene di non voler mollare e resistere in questa missione fino alla fine. Sottolinea l’importanza dell’integrazione, ormai consolidata da tempo, del popolo cinese nella città di Torino, soprattutto grazie ai numerosi scambi universitari che ogni anno accolgono un gran numero di studenti cinesi: “studenti e adulti sono parte della nostra città e noi vogliamo contribuire a farli sentire a casa loro, a farli sentire come noi. Affermiamo dissenso nei confronti di comportamenti razzisti”.
In molti sono fiduciosi che questo sentimento di paura generalizzato e ingiustificato, oltre che ingiusto, si attenuerà. Mostrare sostegno con una manifestazione pacifica è un metodo efficace che fa sentire la popolazione cinese parte integrante di una comunità solidale. Favorevole è il messaggio di uno studente del Convitto Umberto I: “Vedo comportamenti poco consoni di alcuni miei amici nei confronti dei cinesi. Io cerco di fargli capire che non c’è nulla di cui temere e che questo è sbagliato. Trasformare una malattia in discriminazione non è accettabile”. Il professore di cinese del Convitto Umberto I è molto contento dei suoi studenti e del lavoro che stanno facendo nell’esprimere sostegno attraverso sentimenti di fratellanza nei confronti dei loro coetanei cinesi.
Ciononostante, il coronavirus, rispetto alla SARS, ha generato un forte allarmismo anche a causa della crescita di accesso all’informazione tramite i media digitali. Una delle insegnanti di cinese all’Istituto Confucio dimostra la sua preoccupazione a riguardo “personalmente, non sono stata vittima di atteggiamenti razzisti. Purtroppo, però, molti lo sono. I miei amici mi hanno confessato con sincerità di avere paura – continua - Ho vissuto nel 2003 la diffusione della SARS, ma non si è creata una simile situazione. Questo è dovuto, in parte, dalla mediatizzazione del virus”.
Stefania Scafutti afferma che la città di Torino si sta muovendo per fermare la diffusione di comportamenti discriminatori. Continuare a frequentare ristoranti cinesi e non aver timore di incontrarli per strada sono le tecniche da adottare per evitare che il virus del razzismo si diffonda sempre di più nell’opinione pubblica, aumentando la sofferenza di un popolo che non ha colpe.