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Economia e lavoro | 11 gennaio 2021, 12:48

Stop all'asporto alle 18, un nuovo spettro si aggira tra i locali torinesi: "Non togliete l'unica valvola di sfogo, si rischia la ribellione"

L'appello arriva dall'Epat di Torino, sulla base delle voci che prevedono ulteriori restrizioni: "Se si temono assembramenti fuori dai negozi, si facciano più controlli". E Confesercenti concorda: "Un inutile e incomprensibile accanimento"

Pizza da asporto e scatoloni

I locali pubblici rischiano di veder sparire anche la possibilità dell'asporto dopo le 18

Nemmeno l'asporto sembra salvarsi dalle restrizioni anti Covid. E' questa una delle voci che si sta diffondendo in queste ore, mentre a livello di governo si studiano le nuove misure per scongiurare l'ipotesi di una terza ondata di contagio da Coronavirus. 

Una prospettiva, però, che getta nel panico un settore già ampiamente falcidiato da restrizioni e divieti: quello dei locali pubblici, bar e ristoranti in particolare, ma non solo. "Il periodo ormai troppo lungo di drastiche limitazioni e chiusure dei pubblici esercizi, sta affossando un intero settore togliendogli la possibilità di ripartire -dichiara Claudio Ferraro, direttore Epat Torino - Non ci pare che ipotizzare limitazioni a quelle piccole finestre di attività, sia corretto e plausibile e neanche utile; serve solo ad aggravare ancor di più l’economia dei pubblici esercizi. Se si ipotizzano violazioni, come assembramenti dinnanzi ai locali, si facciano i controlli e si irroghino le sanzioni, ma non si colpisca un’intera categoria. Questo approccio “chiusi tutti se c’è qualcuno che non rispetta le regole” è un approccio sbagliato e se si può dire, neanche etico. È la resa dello Stato e delle amministrazioni deputate, che riconoscono di non poter controllare, ma in un tempo come quello che stiamo attraversando non può che rendere più vivo un senso di ingiustizia per chi le regole le rispetta e vede le proprie attività morire”.

E il rischio, dopo tanti divieti e chiusure, è che insieme a un senso di frustrazione si accompagni anche quello di non rispettare le regole. “Sui social corrono iniziative con inviti alla disobbedienza civile aprendo i locali che ormai sono chiusi da troppo tempo - fa notare Alessandro Mautino, che di Epat è il presidente - Come fa il Governo a tutelare la legittimità se invece di curare le riaperture semmai anche in modo chirurgico badando ai dati di territori differenti, annuncia ulteriori blocchi alle modeste attività lasciate svolgere sino ad oggi. Sono messaggi in controtendenza che non possono che alimentare la ribellione e rendono difficile l’attività di sensibilizzazione di chi, come le Associazioni, intende perorare il rispetto delle regole”.

Preoccupazione è anche il sentimento espresso da Confesercenti, secondo cui un terzo dei bar e dei ristoranti di Torino non aprirà neppure in questi cinque giorni di zona gialla. "Non è sorprendente - dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti - che una parte significativa dei locali continui a rimanere chiusa, e chi apre lo fa essenzialmente per mantenere un legame con la clientela e per avere quel minimo di liquidità che consenta di fare fronte agli impegni più urgenti. D’altra parte, una prima ricognizione fra i locali che hanno riaperto non è confortante: praticamente tutti gli operatori interpellati parlano di una mattinata e di una pausa pranzo molto deludenti, con una attività ridotta al 30% e talmente sotto tono da non coprire neppure i costi. Non dimentichiamoci che lo smart working continua per tantissimi lavoratori".

Chi non apre, dunque, lo fa perché non può permettersi di farlo (tra pagamenti ai fornitori e altre spese). “In queste condizioni l’ipotizzato blocco dell’asporto ha il sapore di un inutile e incomprensibile accanimento: è davvero questo che fa la differenza nella lotta alla pandemia? Se non si riescono a fare controlli adeguati sugli assembramenti, allora si scaricano queste difficoltà sui locali? Nonostante non fosse sufficiente a recuperare quanto perso con le restrizioni, in questi mesi l’asporto ha permesso a molte attività di galleggiare. Al di là del valore economico, il divieto di asporto rischia anche di avere un impatto psicologico sugli imprenditori, che si vedono privati di quel poco di attività che era loro rimasta".

Massimiliano Sciullo

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