Una gigantesca opera di restauro e consolidamento strutturale, dal valora complessivo di 2,4 milioni di euro, interamente finanziata da Fondazione CRT. È quanto interesserà l’avancorpo centrale della facciata juvarriana di Palazzo Madama, capolavoro architettonico del Settecento europeo, per 18 mesi, a partire dall’affidamento del cantiere, con restituzione al pubblico prevista per la primavera del 2024.
Una complessa e delicata operazione capace di unire antiche tecniche artigianali e metodologie all’avanguardia, recuperando i marmi originali accanto all’impiego di materiali contemporanei, come fibre di carbonio, resina e acciaio inox nelle parti nascoste dell’edificio.
Il progetto – approvato dal MIBACT e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Torino, e firmato dall’architetto Gianfranco Gritella – è il risultato della prima indagine a 360 gradi delle problematiche della facciata, progettata tra il 1718 e il 1722 dall’architetto Filippo Juvarra (di cui quest’anno cadono i 285 anni dalla morte). Un lavoro che prende infatti le mosse dagli esiti del cantiere studio, già finanziato da Fondazione CRT nel 2018 e realizzato dalla Fondazione Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, per valutarne lo stato di conservazione.
Concepita secondo un classicismo di stampo romano, la facciata è la sola parte compiuta di un più grandioso progetto che prevedeva di innalzare un imponente palazzo attorno all’antico castello degli Acaja. Ed è anche l’unico monumento del barocco torinese, oltre alla Cappella della Sacra Sindone, costruito pressoché interamente in pietra. Con il coinvolgimento anche del Politecnico e dell’Università degli Studi di Torino, sono state condotte sull'edificio indagini scientifiche sui materiali e le alterazioni intervenute nel tempo.
Le caratteristiche costruttive di Palazzo Madama e il marmo di Foresto utilizzato – di semplice lavorazione, ma estremamente friabile – avevano fin da subito innescato problemi di cedimenti strutturali, tanto che i primi tentativi per risolverli risalgono già alla fine del XVIII secolo.
Ma adesso la facciata potrà finalmente ritornare al suo antico splendore. Tanti gli interventi previsto: dal restauro dell'apparato architettonico e decorativo al consolidamento strutturale dei soffitti e degli architravi lapidei dei tre intercolumni del pronao centrale; inoltre, il sollevamento, trasporto e restauro delle quattro monumentali statue allegoriche di coronamento del pronao (che saranno poi conservate in museo e sostituite da copie identiche sulla sommità dell’edificio). E, ancora, saranno interessati i serramenti lignei e quelli di di smaltimento delle acque meteoriche della copertura; infine, si procederà al recupero dei sotterranei circostanti il palazzo.
Il presidente della Fondazione Torino Musei Maurizio Cibrario spiega: “Non credo esista in Torino un altro monumento le cui pietre racchiudano 2000 anni di storia, al pari di Palazzo Madama. Dall’insediamento romano agli Acaia, i Duchi di Savoia, le Madame Reali, sino al Senato del Regno di Italia, una carrellata ineguagliabile di gestione del potere civico e statale. Ora si preannuncia anche un intervento del Ministero per i beni e le attività culturali che, se dovesse realizzarsi, completerebbe in modo mirabile il piano dei lavori”.
Entro la primavera, la Fondazione pubblicherà il bando di gara per l’affidamento dei lavori sull’avancorpo centrale, che inizieranno prima dell’estate e dureranno circa un anno e mezzo, per concludersi a fine 2022.
“Questo restauro è il primo dono che la Fondazione CRT fa alla città e alla regione nel proprio trentennale, rafforzando la lunga tradizione di solidarietà verso il patrimonio storico-artistico, a partire dalle Residenze Sabaude – afferma il presidente di Fondazione CRT Giovanni Quaglia, che, nel corso degli anni, ha investito oltre 16 milioni per l’edificio storico –. Ci prendiamo cura di un bene di rilevanza nazionale che appartiene a tutti, con l’impegno di collaborare con le istituzioni per un nuovo Rinascimento culturale, continuando a far risplendere nel tempo la grande bellezza diffusa sul territorio che rafforza il senso di comunità”.
“Il grande cantiere di Palazzo Madama attiverà un doppio circolo virtuoso per la ripresa: sosterrà l’attività e l’occupazione nelle imprese del Nord Ovest coinvolte nei lavori, e consentirà a Fondazione CRT di mettere a disposizione del recupero del patrimonio artistico ulteriori risorse per 1,5 milioni di euro grazie all’Art bonus – dichiara il segretario generale Massimo Lapucci –. È un investimento strategico in ottica recovery plan culturale, con l’obiettivo di tutelare e valorizzare l’arte nel presente e di trasmetterla in eredità alle prossime generazioni”.
“In questo periodo così difficile, l'avvio di un cantiere tanto complesso dà speranza e offre una nuova conferma della capacità e attenzione che le istituzioni cittadine sanno riservare al patrimonio monumentale”, commenta la soprintendente Luisa Papotti. “L'auspicio è che a questa fase, anche grazie all'impegno del Ministero, ne seguano altre, fino a restituire a Palazzo Madama piena funzionalità ed un ruolo centrale all'interno del distretto dei musei torinesi”.
Le tappe della rinascita. Prima fase: il “cantiere della conoscenza”
Un “cantiere della conoscenza” consentirà, già nelle fasi iniziali, di esplorare parti dell’edificio “nascoste”, per ampliare gli spazi disponibili e fruibili dal pubblico: si tratta delle cosiddette Cantine Juvarriane, ossia gli affascinanti sotterranei dello scalone monumentale, l’area del fossato antistante la facciata e gli ambienti che, sino agli inizi dell’Ottocento, esistevano nel fossato adiacente al monumento al Cavaliere d’Italia e che conducevano da Palazzo Madama verso l’Armeria Reale.
L’avancorpo centrale della facciata: il “male antico” del marmo di Foresto
Quattro colonne giganti in marmo di Foresto sorreggono un monumentale architrave coronato da quattro grandi statue. Le singole colonne sono composte da diversi rocchi di pietra e appoggiano su basamenti laterizi rivestiti da lastroni di marmo, su cui sono scolpiti monumentali trofei d’armi antiche dello scultore carrarese Giovanni Baratta.
Il cedimento del sistema portante settecentesco – nove travi orizzontali in pietra lunghe sette metri e pesanti due tonnellate ciascuna – ha messo in crisi l’intero sistema strutturale, causando numerose fessurazioni con distacchi di grossi frammenti. Al di sopra di questi architravi vi sono tre ambienti ciechi, piccole camere lunghe circa 6 metri e alte 1,20 metri coperte da grandi archi in mattoni simili a tre ponti che, poggiati sulle colonne, sostengono il peso del cornicione, della soprastante balaustra e delle quattro gigantesche statue. Attraverso l’apertura di alcune botole praticate nel cornicione, è stato possibile ispezionare per la prima volta queste “camere nascoste” e verificare l’entità delle lesioni, per progettare il recupero e il consolidamento dell’intera struttura.
Il consolidamento strutturale di soffitti e architravi con “protesi” reversibili in acciaio
È la fase del progetto più delicata e innovativa per le metodologie applicate, con la costruzione di tre travi reticolari in acciaio con profilo curvilineo all’interno di ogni campata o camera nascosta. Questi tralicci orizzontali – vere e proprie “protesi” reversibili – dovranno sorreggere gli architravi in pietra fessurati e, soprattutto, mantenere sospesi a particolari perni verticali le centinaia di lastre di marmo dei soffitti, per impedirne il cedimento, preservare e rendere visibili i bassorilievi. L’intervento prevede, quindi, di realizzare e portare in quota grandi piastre in acciaio sagomate e tagliate secondo le forme e le decorazioni presenti sui soffitti.
Pietre originali e fibre di carbonio per restaurare l’apparato architettonico e decorativo
La facciata presenta degrado e dissesti su tutta la superficie lapidea. Gli agenti atmosferici e l’inquinamento urbano sono la causa principale della disgregazione della pietra, ricca di piccole cavità. Si prevede, quindi, un lungo e delicato lavoro di consolidamento e stuccatura per rendere il più possibile impermeabile, uniforme e priva di microcavità la superficie delle pietre utilizzate per costruire l’edificio. Un intervento mirato con impiego di fibre di carbonio e micro barre in resina e acciaio inox consentirà di prevenire ulteriori distacchi di frammenti e rendere stabili i decori scultorei più degradati, come i grandi capitelli delle colonne principali. Recuperando tecniche artigianali antiche, si risaneranno le principali lacune mediante l’inserimento di tasselli e il rifacimento di parti in marmo identiche all’originale, utilizzando la stessa pietra di Foresto recuperata appositamente per questo specifico restauro.
Le quattro monumentali statue allegoriche: trasporto, restauro e musealizzazione
È uno degli interventi più spettacolari del progetto. Sopra la balaustra sono poste quattro sculture in marmo di tre tonnellate ciascuna alte 4 metri, rappresentanti le Allegorie delle virtù del buon governo o virtù cardinali (Giustizia, Prudenza, Temperanza e Fortezza), scolpite da Giovanni Baratta nel 1726. A causa del degrado che interessa la superficie delle statue ma, soprattutto, alla luce della frammentazione in più parti dei blocchi che le compongono, il progetto prevede la rimozione delle quattro grandi statue. L’intervento comprenderà il sezionamento della superficie di appoggio del basamento di ciascuna statua sulla balaustra – mediante una tecnica particolare che impiega un filo d’acciaio simile al sistema di estrazione dei blocchi di marmo dalle cave –, l’inserimento delle statue all’interno di speciali gabbie in acciaio e il loro sollevamento e trasporto alla base dell’edificio. Qui ogni statua sarà restaurata e musealizzata. Al posto degli originali saranno inserite quattro copie identiche. Infatti, per evitare che il cornicione e la balaustra settecenteschi, privati del peso secolare costituito dalle statue, possano subire deformazioni o innescare ulteriori problemi di staticità nell’edificio, durante i restauri ciascuna scultura sarà temporaneamente sostituita sul posto da elementi provvisori dello stesso peso.
Il recupero e il restauro degli 11 finestroni barocchi, i più grandi del Piemonte
Saranno recuperati e restaurati gli undici finestroni vetrati di 50 metri quadrati ciascuno, i più grandi serramenti barocchi realizzati in Piemonte: saranno realizzati direttamente in opera dei particolari telai in acciaio speciale, debitamente disegnati e sagomati, applicati a contatto con il serramento in legno e parzialmente nascosti dalle sagome che li caratterizzano. Questi telai metallici avranno lo scopo di rendere indeformabili i finestroni, garantirne la stabilità strutturale e trasferire gli sforzi causati dalla spinta del vento direttamente sulla struttura muraria, scongiurando anche pericolose infiltrazioni d’acqua sullo scalone interno
In programma anche la revisione e l’adeguamento dei sistemi di smaltimento delle acque meteoriche della copertura.
Un restauro “live” che coinvolge direttamente il pubblico
All’interno di un padiglione appositamente realizzato in prossimità di Palazzo Madama, il pubblico potrà assistere alle principali fasi di restauro delle quattro grandi statue allegoriche. Un sistema di videocamere trasmetterà su alcuni schermi a terra le principali fasi di lavorazione e gli interventi più significativi in corso sulle impalcature. Un ascensore montacarichi consentirà di condurre gruppi di visitatori per un massimo di 10 in determinate aree del cantiere, sino alla quota della balaustra sommitale (26 metri). Al termine dell’intervento, una mostra illustrerà la storia millenaria dell’edificio e i restauri, e consentirà di conoscere parti del palazzo oggi sconosciute al grande pubblico.
“Uno dei primi atti firmati al momento del mio insediamento, nel dicembre 2016, fu proprio il passaggio di Palazzo Madama dal demanio alla città - ha ricordato la sindaca Chiara Appendino -. Un percorso condiviso con la comunità, che si è occupata negli anni di un bene da custodire. Credo che Torino debba essere da esempio per il Paese nella capacità di conservazione di un monumento nonostante le complicazioni dovute spesso dalla scarsità di risorse economiche e dalla burocrazia. Ma dobbiamo ringraziare Fondazione CRT per l’impegno profuso negli anni, lanciando al Paese un messaggio: un intervento così complesso, e anche così gravoso, con ricadute ingenti sul territorio, è possibile. Ora starà a noi rispettare i tempi che ci siamo dati, come segnali di fiducia dovuto a tutti i cittadini".