“Ma quello non è il giornalaio?!”: la sua prima passeggiata domenicale in viale Dante, da quando è in pensione, è stata accompagnata dai commenti dei torresi stupiti nel vederlo trascorrere del tempo libero fuori dalla sua edicola. “Li capisco: la gente non è abituata a incontrarmi in giro così, per 34 anni mi hanno visto sempre in negozio” sorride Franco Pallard, 62 anni, pensionato da fine marzo. Dentro la sua edicola di via Arnaud 13, intanto, si lavora per la riapertura: “Verrà conservata la libreria di nicchia che avevo creato, ma sarà potenziato il settore della cartoleria e dei giocattoli e, comunque, continuerà a lavorarci mio figlio”.’
Punto di riferimento in paese, Pallard non si è concesso mai troppo tempo libero: “Non ho fatto un giorno di ferie. Questo per certi punti di vista è un lavoro meschino, i giornalai si alzano alle 5 del mattino e chiudono alle 20, e fare i resi, ad esempio, richiede ore di lavoro”. Eppure lui ha svolto la sua attività con passione e dedizione, anche a costo di andare a ritirare i giornali con uno slittino, sotto la più forte nevicata degli anni Ottanta: “Il furgone delle consegne era rimasto bloccato nella neve a Luserna San Giovanni, poco sopra il bivio per Pralafera. Lo seppi per passa parola, perché allora non esistevano ancora i cellulari. Presi quindi uno slittino e scesi a ritirare i miei quotidiani”. Qualcosa di più di un negoziante, Pallard ha preso sul serio il modo dell’informazione: “Noi dovevamo sempre mettere a disposizioni i giornali, anche, e soprattutto, in caso di calamità naturali come le alluvioni che ogni tanto scuotono la Vallata”, tanto da lanciare l’allarme: “Gli edicolanti fanno fatica, gli rimane appena il 19% dei giornali venduti, troppo poco per coprire le spese. Ma bisogna ricordarsi che quando chiude un’edicola si spegne anche una luce di democrazia”.
Le mani tra l’inchiostro e la carta, Pallard ha iniziato a metterle presto: “Ho lavorato per qualche anno in tipografia prima di entrare in edicola”. Fece il suo ingresso nei locali di via Arnaud nel 1986, quando il negozio era gestito dai suoceri Remo Sapei e Ida Bosio e lavorò con loro fino al 1990 quando andarono in pensione e subentrò a suo fianco la moglie Miriam Sapei che però nel 2010, intraprese il lavoro da operatore socio sanitario. “Da allora ho lavorato con mio figlio Alberto” conclude Pallard.
Una soddisfazione che ricorda con piacere è vedere la coda degli amanti dell’hockey ghiaccio fuori dal suo negozio, proseguire lungo via Arnaud e concludersi davanti al Vincaffè di Torre Pellice, negli anni in cui emetteva abbonamenti e biglietti in prevendita per le partite della Valpe: “In quei giorni chi doveva comprare il giornale non osava avvicinarsi” scherza. Tra gli incontri più sorprendenti invece quello con Renato Curcio, uno dei fondatori delle Brigate Rosse: “Ero tra il pubblico durante la presentazione di uno dei suoi libri editi da ‘Sensibili alle foglie’. Quando seppe chi ero, fu lui a venire da me, per chiedermi se potevo accompagnarlo a visitare la mia edicola. Da bambino viveva a Torre Pellice e spesso dormiva nel retrobottega, perché nella mia edicola c’era il negozio dello zio”.
Per il futuro Pallard ha le idee chiare: “Non mi dispiacerebbe ricominciare a zappare un po’ la terra e poi continuerò ad impegnarmi nella Società operaia di mutuo soccorso di Torre Pellice che quest’anno compie 170 anni”. Ciò che gli mancherà più del suo lavoro sarà il rapporto con le persone: “Non avevo clienti, ma habitué e amici. Da me si poteva entrare per discutere, soprattutto di sport e di hockey. Anche in questi anni di pandemia non abbiamo rinunciato alle chiacchiere, bastava uscire e tenersi a distanza per poterlo fare”. Non avrà la malinconia invece di ciò che è diventato il mondo dell’informazione: “La gente legge meno di prima perché è continuamente bombardata da notizie e il mondo dei social network ha contribuito ad aumentare la diffusione delle fake news. Inoltre, non è stato regolato abbastanza l’arrivo dei giornali on line che hanno fatto una forte concorrenza ai quelli cartacei”.