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Cultura e spettacoli | 18 ottobre 2021, 09:14

Unione Musicale: Arcadi Volodos torna a Torino dopo 20 anni

Appuntamento alle 20.30 al Conservatorio

Unione Musicale: Arcadi Volodos torna a Torino dopo 20 anni

Mercoledì 20 ottobre 2021 l’Unione Musicale annuncia il ritorno sul palcoscenico del Conservatorio (ore 20.30) di uno dei più grandi pianisti al mondo: Arcadi Volodos, che manca in città dal 2004, quando regalò al pubblico di Torino un’esecuzione memorabile di Liszt e Rachmaninov.

Capace di coniugare un eccezionale virtuosismo e una musicalità profonda ed espressiva, da venticinque anni Arcadi Volodos occupa stabilmente un posto di riguardo nella ristretta cerchia dei grandi interpreti del pianoforte, dove si è conquistato la definizione di “autentico eroe, esponente della scuola virtuosistica russa al suo meglio”, l’ultimo anello di una catena di illustri virtuosi risalente nientemeno che a Franz Liszt.

 

Dopo il sensazionale debutto a New York, nel 1996, la carriera di Volodos si è dispiegata al fianco di orchestre sontuose (Berliner Philharmoniker, Staatskapelle Dresden, Concertgebouw, Gewandhaus, Ney York Philharmonic, Chicago Symphony…) e di bacchette eccellenti come Maazel, Gergiev Ozawa, Mehta ed è stata costellata da un gran numero di successi discografici.

Tuttavia, da sempre, la dimensione del recital è particolarmente cara a Volodos, che in una situazione più raccolta esprime al meglio la sua sensibilità, la cura del dettaglio, la scelta di programmi in cui hanno uno spazio privilegiato gli autori romantici, ma anche Skrjabin e pagine meno note degli spagnoli Mompou, Lecuona e Falla.

 

A Torino Volodos interpreterà pagine dei prediletti Schumann e SchubertKinderszenen op. 15 e la Sonata in re maggiore D. 850, opere che vennero composte quando gli autori avevano la stessa età: 28 anni. Tuttavia, se la prima composizione viene considerata fresca e giovanile, la seconda sembra alludere alla maturità estrema.  

«Non credo – ha dichiarato Volodos in una recente intervista al mensile Sistema Musica – che nel confronto conti l’età, ma piuttosto il contesto creativo nel quale i due compositori sono immersi. Sappiamo come negli ultimi anni della sua breve vita Schubert si stesse quasi abituando all’idea della morte. Sentiva la fine vicina e inevitabile. Il dolore e la sofferenza, così, diventano parte del suo quotidiano: la bellezza sublime e trascendente, l’eroismo intimo e il dolore che permeano i suoi ultimi lavori sono riflesso di un tragico destino. Non è la maturità che stupisce nel giovane Schubert, ma la sua capacità di filtrare l’esperienza della morte e collegarsi al divino. Dall’altra parte, invece, troviamo Schumann: il suo lavoro per “bambini”, in realtà, ne mostra il lato introspettivo e nostalgico… È un altro universo, un’altra esperienza di vita e un altro percorso rispetto a Schubert».

A chi gli chiede come si sia evoluto il suo percorso intorno a Schubert risponde: «Busoni una volta ha detto che la vita è troppo breve per pretendere di imparare l’Hammerklavier di Beethoven. Questo è esattamente quello che provo al cospetto della musica di Schubert: è un viaggio che dura tutta la vita… e io sono lontanissimo dalla meta finale».

comunicato stampa

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