Rieducazione, reinserimento, correzione, recupero del potenziale umano inespresso o, peggio, celato: questo l'obiettivo formale del percorso carcerario. Prescindendo dalla causa scatenante della detenzione, oggi vorrei concentrare l'attenzione sul suo scopo. Sulla sua funzione formativa.
Perché se è vero che talvolta si rende necessario (se non doveroso) allontanare i soggetti privi di coscienza civile dalla società – preservando perciò il bene collettivo – è pur sempre vero che le carceri non esauriscono il loro compito nella mera presa in carico e conseguente isolamento di individui penalmente perseguiti.
Sì, è inutile negarlo: l'Italia più di altre realtà europee presenta evidenti carenze organizzative, pecuniarie e gestionali al riguardo; il personale è spesso insufficiente (così come i fondi dedicati) e le strutture fatiscenti e “strette”, tanto da portare la soglia di sopportazione degli ospiti al limite, prossima ad esplodere.
Si potrebbe discutere per settimane degli sbagli compiuti dalle precedenti e attuali legislature, dei tagli immorali ai servizi sociale, di quanto la civiltà di un popolo si giudichi sulla base del proprio impegno politico verso i fragili e gli svantaggiati. Ma sarebbe ingiusto far finire nel medesimo mediocre calderone intere categorie di piccoli grandi eroi, quelle formate da schiere di educatori, psicologi, arteterapisti e volontari che ogni benedetto quanto maledetto giorno sono presenti e attivi nella lotta allo status quo. In primis, emotivo.
Questa rubrica, d'altronde, fin dal suo primo articolo si è proposta di raccontare sì “le cose come stanno” ma - soprattutto - di saper discernere con sguardo pronto laddove, dalle crepe, entrassero spiragli di luce e speranza. E amplificarne l'eco con forza, onorando in tal modo tutti coloro che senza scialuppa nuotano in mari in burrasca, sommersi dalle onde di una burocrazia opprimente e soffocati dalla mancanza di strumenti salvagente, persino per se stessi. Un intero settore in lotta per non affogare né vedere alcun altro fare la stessa fine. Raccontare della bontà e della bellezza di cui l'uomo è portatore sano e abile coltivatore, quell'umanità positiva dalla quale vorremmo essere più spesso cullati.
Spazio alle buone notizie, dunque! Spazio al bene, spazio all'esercito di “soldati” che, con ogni singolo respiro, sfidano limiti e posticipano bisogni personali pur di recuperare vite, fosse anche un unico lieto fine. Ed eccoci tornare all'argomento introduttivo; in particolare, all'operato di meravigliosi volontari e volontarie che hanno deciso di sfondare i muri del pregiudizio e dell'indifferenza, entrando nelle carceri italiane muniti di due sole armi: l'Anima e la Poesia.
Perciò questa domenica, cari #poetrylovers, desidero presentarvi una “squadra fortissimi” (citando il tormentone del comico Checco Zalone): la NIP, ossia la Nazionale Italiana Poeti. Un acronimo da conoscere e ricordare.
Credevate mica esistessero soltanto quella calcistica e quella cantanti!? Sbagliato!
La NIP è viva e reale e dimostra quanto la cultura (in particolare la nostra amata Poesia) stia viaggiando su un binario sempre più ampio e capillare, incidente lungo tutto il tragitto con la sfera del socialmente utile. Con una cittadinanza attiva e la volontà vera di esserne parte.
Tuttavia, dato che è passato un po' di tempo dall'ultima intervista e che questa mi sembra proprio l'occasione ideale per riprendere la sana abitudine di due chiacchiere live, corro a introdurre l'ospite odierno, fondatore della NIP e poeta: Michele Gentile.
(copertina dell'antologia "Evasione Poetica", curata dalla NIP)
Ciao Michele e benvenuto! Dicci qualcosa di te: una breve presentazione.
Volentieri Johanna, grazie. Mi occupo di poesia da una ventina d’anni con un mio cammino editoriale e ideando e organizzando manifestazioni culturali centrate sulla scrittura in versi. Nel corso di questi anni ho promosso “Un Mare di Poesia" - premio internazionale di poesia per bambini, “La Rocca dei Poeti" - festival nazionale di poesia, “Lettere in Viaggio" - manifestazione culturale itinerante e infine la "Nazionale Italiana Poeti"; cerco di procurare alla poesia strade sempre nuove e diverse, aggregando poetesse e poeti da tutta Italia e dal mondo.
Raccontaci come, quando e grazie a chi il progetto formativo ha preso prima forma e dopo vita.
Il laboratorio “Versi Liberi" nel carcere di Velletri è un’idea che abbiamo maturato in seguito a un’esperienza molto forte vissuta nel gennaio del 2020 a Rebibbia. Giocammo una partita contro la rappresentativa di detenuti e leggemmo i loro componimenti. Fu una giornata emozionante, densa di significati. Capimmo allora che si poteva, che si doveva fare molto di più in quella direzione. Lanciammo il nostro progetto e Velletri, grazie alla sua area pedagogica gestita dalla Dr.ssa Francesca Amoroso, fu il primo Istituto a dire di sì.
Perché “mandare in galera” la Poesia?
Perchè la poesia è utile e necessaria proprio per comunicare, per esprimere compiutamente quello che si ha dentro. In una realtà complessa come quella carceraria può rappresentare un validissimo strumento di condivisione e aggregazione.
A quali miglioramenti avete assistito e come la Poesia può trasformarsi nella chiave di apertura della propria cella mentale?
Non ci siamo mai posti come insegnanti; piuttosto, ci siamo presentati come “consiglieri" della poesia. Abbiamo parlato delle nostre esperienze personali e di quanto la lirica abbia giocato un ruolo fondamentale nel cammino della vita. I ragazzi del laboratorio hanno subito compreso la nostra presenza lì ed iniziato a scrivere praticamente dal primo incontro. Ci siamo aperti a loro e loro ci hanno ricompensato dandoci fiducia.
Sfide affrontate e vittorie conquistate.
Il nostro intento primario è stato quello di abbattere il muro sociale che poteva separarci. Abbiamo comunicato in maniera schietta e genuina provando una reale empatia con la loro condizione. In questo modo, siamo diventati molto naturalmente un gruppo di persone che scherzavano, ridevano e parlavano di poesia.
Cosa è cambiato in voi e nei detenuti partecipanti?
Noi della Nazionale ci siamo arricchiti a livello umano. Abbiamo imparato molto dalla loro sofferenza ma, sopratutto ed insieme, abbiamo ribadito l’importanza di costruire ponti - sempre nel rispetto reciproco. I ragazzi di Velletri credo, invece, abbiano capito che ci si può fidare e affidare alla poesia.
Esiste davvero un concetto tangibile di “rieducazione” oppure è un percorso intimo e personale in cui si può solo offrire il proprio sostegno?
Il tutto credo parta dall’assunzione delle proprie responsabilità. Il passo successivo è intraprendere la propria strada con la ferma volontà di regalarsi un futuro migliore. La società però deve aprirsi e guardare al mondo carcerario con maggiore sensibilità e attenzione.
Una storia che ti ha segnato.
Tutti i ragazzi possiedono un bagaglio di vita importante. Spesso, è stata l’indifferenza a nutrire il male potenziale. Il tratto comune che abbiamo riscontrato è stato lo sconforto: sconforto per aver avuto nella vita scarsa se non nessuna possibilità di scelta. Si delinque per lo più perché non si può fare altrimenti.
Raccontaci del vostro ultimo successo, l'antologia “Evasione Poetica”.
“Evasione Poetica" è l’antologia che racchiude le poesie dei ragazzi partecipanti al laboratorio; curarne la pubblicazione ci ha donato estrema felicità. Ci sono la loro voce, sentimenti ed emozioni lì dentro. Perciò, ne proteggiamo il valore in ogni presentazione organizzata. L’intero ricavato delle vendite viene inoltre devoluto al carcere di Velletri, per sostenere le esigenze dei detenuti più bisognosi.
Progetti futuri? E come possiamo sostenere la NIP?
Il passato 20 febbraio abbiamo proposto - per la giornata mondiale della Giustizia Sociale - la seconda edizione di “Attacco Poetico": una maratona di poesia che ha visto protagoniste sui social diverse piazze d’Italia e d'Europa dalle ore 9 alle 19. Il 6 marzo, invece, siamo tornati in campo a Roma per una partita di beneficenza. La Nazionale Italiana Poeti non chiede rimborsi spesa né gettoni presenza per la sua partecipazione ad eventi culturali e sportivi. L’unica cosa che chiede è la possibilità di leggere poesia negli stadi e ovunque venga invitata.
Scriveteci pure a nazionalepoeti@gmail.com per organizzare partite di beneficenza o flash mob di poesia.
Grazie infinite, Michele, per questa incredibile immersione umana: ne faremo tesoro. Vorresti donarci, infine, una tua poesia dedicata all'esperienza con la Nazionale Italiana Poeti?
LIBERI
Tutte le porte hanno la forma del silenzio,
tutte le ore hanno il sapore dell'assenza.
Esisto senza più essere, disperso da qualche parte
qui, appeso ad una nuvola di fumo
dal tempo che non passa
e che passa il tempo a violentarmi l'anima
non appena socchiudo gli occhi.
Tutte le notti hanno lo stesso buio,
tutte le luci hanno lo stesso buio
prima di appoggiare le mani al muro
e misurare il vuoto che mi circonda.
Ci sono giorni infiniti dinanzi a me
ci sono piccoli nomi.
Poi un soffio e sarà il mare.
Saranno parole
e non mi serve altro.
Questo verso, in particolare:
“Tutte le luci hanno lo stesso buio”
Non è naturale vivere da ciechi benchè vedenti.
Pensateci su.
Alla prossima