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Attualità | 29 aprile 2023, 13:35

Storie di Orgoglio Astigiano, Paola, insegnante di danza africana: "Mi divido tra il Benin e Asti. Vorrò sempre tornare qui, sono innamorata, ci ho messo le radici"

Paola Fatima Casetta è un'astigiana doc, conosciuta per aver portato per la prima volta in città la danza africana. "Sono innamorata del mio lavoro, perché a me ha cambiato la vita. Asti? Potrebbe fare ancora tantissimo, ma forse le piace crogiolarsi"

Storie di Orgoglio Astigiano, Paola, insegnante di danza africana: "Mi divido tra il Benin e Asti. Vorrò sempre tornare qui, sono innamorata, ci ho messo le radici"

La chiacchierata con Paola Fatima Casetta è stata come quando, al ristorante, ordini il tortino al cioccolato. Rimani sorpresa quando, con il cucchiaio, lo rompi delicatamente e fuoriesce il cuore morbido e caldo.

Paola è un'astigiana doc, conosciuta per aver portato per la prima volta in città la danza africana e, soprattutto, per averne fatto conoscere la filosofia sottesa.

Ci sentiamo poco dopo che lei ha fatto ritorno dall'Africa. Ci è stata tre mesi.

Paola, ma che rapporto hai con l'Astigiano?

Sono una cittadina che ama la sua città, amo il centro storico di Asti, da sempre, nonostante il mio lavoro mi abbia portato molto di più a Torino come danza, dato che sono anche animatore socioculturale. Certo, a Torino ci sono sempre stati più spunti, ma non mi sarei mai trasferita lì. Asti è bella, tranquilla, ci sono nata e, di fatto, sono nata in una casa di corso Casale e i miei spostamenti, in città, sono sempre stati minimi. Sono molto ancorata ad Asti, ci ho messo le radici, nonostante i miei vari viaggi in Africa. 

Ecco, parliamo di questo. Parliamo della tua Africa

Ho iniziato ad andarci perché ho fatto corsi di danza africana negli anni Ottanta, al My Day Academy. Elena Bertuzzi, l'insegnante all'epoca di Danza africana e contemporanea, mi fece conoscere Koffi Koko, mio Maestro di fama internazionale nel settore, insegnante e performer. Lo conobbi nel 1986 al Festival di Avignon. Fu grazie a Elena Bertuzzi che conobbi il Maestro. Da quel momento iniziai a seguire i suoi corsi, nel 1990 feci il mio primo viaggio in Africa, organizzato da lui. Ad oggi sono una delle sue assistenti personali, quando viene in Italia lo seguo. All'Impulstanz di Vienna sono sua assistente ufficiale, dal 2000. 

Che rapporto hai con il Benin?

Il Benin è il paese del Vodoun, una filosofia di vita eccezionale, la studio dal Novanta. Sono conosciuta lì anche per quello, non è solo uno studio, sperimento in prima persona attraverso la danza: la danza è preghiera. Se le persone conoscono bene di cosa si tratta chiunque può essere interessato. È una terra così affascinante, è la meta di tutti i miei viaggi, è casa. In più, il giornalista Nicanor Covi dell'Ortb (come se fosse la nostra Rai), ha realizzato un documentario sulle storie di tre donne che hanno a che fare con il Benin. La prima figura sono io. Lo fanno passare più volte in Benin nella tv locale. 

Quando decidi di portare la danza africana ad Asti?

Chiesi al My Day di organizzare un corso e così arrivò Elena Bertuzzi all'interno della scuola, nel 1986. Nel 1989 rilevai il suo corso. Me lo lasciò, aveva diversi importanti impegni in Francia nell'ambito della danza. Nel 1996, però, ho avuto l'opportunità di fare formazione, per conseguire il CAE, il Certificato di attitudine all'insegnamento a Bordeaux e ora ho un diploma di insegnante di danza africana. Siamo pochissimi in tutta Italia e io sono stata tra le prime a conseguirlo. Attualmente non c'è più questo tipo di formazione. 

Pennellate di vita. Vita a colori

Quando Paola racconta di sé e della sua vita, del suo amore per la danza, delle sue esperienze, lo fa come se fosse un pittore. È come se, proprio davanti ai miei occhi, desse delle pennellate coloratissime e vivide su una tela bianca. Quando incontro persone come lei, artisti a 360 gradi, ne ammiro soprattutto lo stile di vita. La voglia di perseguire i propri sogni, fregandosene completamente di cosa la vita 'canonica' ci direbbe di fare. Sono lezioni che ognuno di noi dovrebbe avere scolpite nella mente. L'importanza di vivere a colori sarebbe la prima regola.

Raccontami un po' del tuo percorso di animatrice socioculturale

Nel 2001 ho avuto l'opportunità di fare formazione di animazione socioculturale tramite la Regione. La formazione è durata tre anni, ho superato 22 esami, è stato un percorso bellissimo, sono stata molto fortunata. È stata un'esperienza che ha saputo insegnarmi un approccio partecipativo, tramite l'unione della danza africana e le competenze dell'animazione socioculturale. Per 20 anni ho collaborato con Asai di Torino, associazione di animazione socioculturale. Il Covid ci ha messo molto in difficoltà. Devo dire però, che grazie a questo approccio partecipativo, ho ancora molti giovani nei miei corsi a Torino, dai 16 anni in poi: nel nostro settore è una cosa rara, si tende ad avere come alunni adulti, magari più in là con gli anni. 

Asti si vuole davvero bene, secondo te e secondo il tuo bagaglio di esperienze?

Ho sempre pensato che Asti si volesse poco bene. Io vorrò sempre tornare ad Asti, la amo, ma culturalmente è ancora provinciale. L'approccio che gli astigiani hanno, come persone, è completamente diverso da quello dei torinesi. Siamo chiusi come mentalità. Mancherebbe un certo spirito, ma bisogna agire nell'educazione, dalla scuola: è da lì che nasce tutto. Il cambiamento parte sempre dal basso, mai dall'alto. Ad Asti, ad esempio, ci sono pochissimi centri di aggregazione, mentre Torino è piena. Asti potrebbe fare, fare tantissimo, ma le piace crogiolarsi.

Cosa significa per te la danza?

Il mio mestiere è sicuramente relazionato al tempo libero, ma spesso diventa anche un aiuto. Pur non essendo danza terapia, è un modo per motivare le persone, per portarle a fare un cammino di promozione di se stesse. La danza è esperienza del proprio corpo, è crescita personale e spirituale. Nella danza non menti mai. Le coreografie sono un pretesto per arrivare a qualcosa, per entrare a contatto con se stessi. Quando fai cose che non fanno parte della tua cultura, devi fare un viaggio nel tuo io interiore, che è spettacolare. Ti metti in gioco con il tuo corpo. Nella danza tutto è permesso in quel momento, ti lasci andare, non ci sono freni inibitori, vige la regola della libertà di espressione e di uso del corpo. Sono innamorata del mio lavoro, perchè a me ha cambiato la vita e vorrei portare questo messaggio anche alle persone. Se hai qualcosa di buono per le mani devi condividerlo. E ci sono persone che non ti dimenticano, che tornano persino dopo tantissimi anni.

Il saluto agli amici della voce di Asti

 

Elisabetta Testa

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