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Un Occhio sul Mondo | 26 aprile 2025, 09:00

'Se deve essere 2% lo sia seriamente'

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

'Se deve essere 2% lo sia seriamente'

Dal colloquio avuto con il Presidente USA Trump di qualche giorno fa, la Premier Meloni è tornata a Roma con il fardello di molti ed onerosi impegni, che la Presidente del Consiglio ha ritenuto di poter assumere verso l'Amministrazione americana e, a maggior ragione, nei confronti del popolo italiano che, come nessun altro, dovrà farsi carico dei notevoli oneri finanziari che tali decisioni comporteranno.

Tra le garanzie che la Capo di Governo italiana ha fornito al suo omologo statunitense c'e' anche quella che l'Italia, entro il 2025, conseguirà l'obiettivo di destinare il 2% del proprio PIL-Prodotto Interno Lordo alla Difesa, praticamente sinonimo delle cosiddette “spese militari”.

Sul conseguimento di questo spinoso traguardo, definitivamente assunto dall'Italia con la NATO nel 2014, hanno tergiversato e temporeggiato tutti i governi sinora succedutisi, di qualsiasi estrazione politica fossero, perchè in un contesto di pressoché continua crisi economica e di difficoltà a garantire dignitosamente i principali servizi sociali, non era certo “politically correct” e tanto meno elettoralmente conveniente far digerire agli Italiani un deciso incremento dei finanziamenti, per un settore che non veniva percepito come primario.

D'altra parte, si era ormai usciti dalle logiche di duro e costoso confronto della Guerra Fredda e le Forze Armate occidentali, sempre più professionalizzate ma ridotte nei numeri, erano completamente proiettate verso le cosiddette Operazioni di pace, che in Italia vengono finanziate “ad hoc”. In tale contesto, della difesa vera e propria, quella tradizionalmente intesa, non se ne parlava molto e, quando lo si faceva, si era quasi sempre nell'ambito della NATO, alla quale veniva sostanzialmente delegata, usufruendo delle risorse tecnologiche e finanziarie che gli Stati Uniti hanno comunque continuato a profondere. Il concetto di guerra era lontano e la parola stessa bandita da ogni discorso.

L'attacco russo all'Ucraina, nel febbraio 2022, ha ricondotto tutto e tutti nell'alveo di una realtà bellica, cruda e sanguinosa, tanto da portare l'Ammiraglio Cavo Dragone, neo Presidente del Comitato Militare della NATO, ad affermare recentemente “La guerra è entrata nelle nostre case”. E questo è vero perché, in questi tre anni di conflitto russo-ucraino, gli Italiani si sono trovati ad ascoltare quotidianamente bollettini di guerra, più o meno manipolati o affetti dai sintomi della propaganda, ma che li hanno indotti a prendere in considerazione l'ipotesi, che si pensava fosse definitivamente tramontata, dell'Italia costretta ad una guerra.

L'approccio della politica nazionale, soprattutto quella governativa, orientata a sostenere la giusta causa dell'Ucraina contro il suo aggressore, con finanziamenti, ma soprattutto con forniture di armamenti e munizioni, ha poi ulteriormente contribuito a riportare gran parte dell'opinione pubblica ad una maggiore confidenza con le “questioni militari”, sdoganandole anche in termini etici, nonostante non fossero legate alle missioni di pace, unico impiego operativo delle Forze Armate accettato dagli Italiani.

Pertanto, è possibile affermare che l'attuale contesto socio-culturale nazionale, che si pone di fronte alla decisione governativa di aumentare le spese militari, è probabilmente quello più favorevole degli ultimi decenni, anche se è plausibile supporre che gran parte della popolazione sia consapevole che la minaccia russa, paventata in ogni occasione, dall'establishment politico sia italiano che europeo, non sia poi così diretta, imminente e pericolosa come la si vuol far credere.

E al riguardo, si può pensare che il buon senso popolare, che spesso sa intimamente sfuggire alle strumentalizzazioni ed alle manipolazioni, pur non vedendo in Putin un pericolo così grande e reale per l'Italia, è tuttavia convinto che sia necessario un miglioramento della difesa nazionale, da perseguire in maniera equilibrata, rifuggendo dagli eccessi isterici da più di 800 miliardi di Euro dell'Unione Europea.

In effetti, le Forze Armate italiane, pur avendo assolto più che degnamente i compiti assegnati loro negli ultimi decenni, per poter affrontare la propria mission nel breve-medio termine, che prevede principalmente di costituire un adeguato strumento di deterrenza, necessitano di una serie articolata di interventi che spaziano dall'incremento e dal ringiovanimento del personale (soprattutto l'Esercito), all'ammodernamento e al potenziamento dei settori a più alta tecnologia, all'acquisizione di nuovi sistemi d'arma.

Indubbiamente, l'elevazione al 2% delle spese militari consentirebbe di conseguire un netto miglioramento dell'efficienza dello strumento militare e garantirebbe all'Italia il mantenimento di un importante impegno assunto con la NATO e ora anche con il Presidente Trump, conseguendo contestualmente una maggiore credibilità sia politica che operativa, in ambito internazionale e presso la stessa Alleanza Atlantica.

Il costo di tutto questo, che costituirebbe una risposta seria, equilibrata e realistica all'attuale situazione strategica, si aggira intorno ai 10 miliardi di Euro che, per quanto promesso dalla Premier Meloni nella Stanza Ovale, il Governo italiano dovrebbe reperire entro l'anno in corso, molto probabilmente non senza problemi.

E proprio sull'onda di queste difficoltà, sembrerebbe che si voglia cercare di ricorrere ad alcuni escamotage per cercare di portare l'attuale 1,5% del PIL al fatidico 2%, Secondo alcuni osservatori specializzati, l'idea sarebbe quella di includere nel bilancio della Difesa anche voci di spesa attualmente sotto l'egida di altri Ministeri. In particolare, si tratterebbe dei costi relativi ai Carabinieri, che ammontano a circa 7 miliardi di Euro (attualmente vengono inclusi solo quelli relativi ai Carabinieri impiegabili all'estero), dei costi per la Guardia Costiera, 3 miliardi di euro ora a carico del Ministero dei Trasporti e della Guardia di Finanza, un miliardo attualmente a carico del Ministero Economia e Finanze.

Sarebbe una “furbata” che difficilmente la NATO gradirebbe e tanto meno accetterebbe, che discrediterebbe notevolmente l'Italia nel panorama internazionale e che potrebbe irritare notevolmente l'alleato americano. Ma il danno più grosso sarebbe quello di non risolvere i problemi che affliggono le nostre Forze Armate, lasciando la Difesa nazionale in una condizione di limbo del rischio, intrinsecamente non accettabile. In poche parole, sarebbe il modo migliore di prenderci in giro da soli, in un momento storico che è tutt'altrp che uno scherzo.

Marcello Bellacicco

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