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Un Occhio sul Mondo | 10 maggio 2025, 09:00

'La carta Kursk, giocata da Zelensky ma vinta da Kim'

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

'La carta Kursk, giocata da Zelensky ma vinta da Kim'

Nel colloquio tra i Presidenti Trump e Zelensky, che è entrato nella storia della stanza ovale della Casa Bianca, una delle affermazioni più fragorose del Tycoon è stata quella relativa “alle carte” che l'Ucraino avrebbe in mano, da giocarsi in un'eventuale trattativa di pace. Secondo l'Americano sarebbero poche o addirittura nessuna, una convinzione che ha ribadito pochi giorni fa.

In effetti, con la brutalità diplomatica che lo contraddistingue, Trump ha messo a nudo la reale situazione di Kiev che, ormai, può contare su ben poche carte di natura politica, di cui quella migliore, il supporto degli USA, non è più certa e sicura come prima, mentre quella al momento più affidabile, il sostegno dell'Unione Europea, non ha di certo la valenza americana, nonostante continui a perseguire il mantra delle “pace giusta”.

Anche sotto il profilo militare, l'Ucraina non é messa bene, perché le operazioni sul suo territorio non registrano alcun successo e la costante e metodica pressione russa, che non sembra mostrare stanchezza, sta progressivamente logorando la resistenza delle Forze di Kiev, ormai da tempo costrette sulla difensiva, con sempre maggiori difficoltà.

L'unica buona carta che Zelensky aveva in mano é stata stracciata dagli eventi proprio nei giorni scorsi, allorché il villaggio di Gornal, nella regione russa di Kursk, è stato riconquistato dai Fanti di Marina di Putin, che hanno così concluso le operazioni di contrattacco, che hanno definitivamente liberato il territorio nazionale dalla presenza ucraina, che durava dall'agosto 2024.

Con la loro mini invasione di quasi un anno fa, condotta con parte delle loro migliori unità, gli Ucraini avevano sorpreso i Russi avanzando nella Regione di Kursk e sopraffacendo in pochi giorni il velo di forze di difesa dei confini, costituito perlopiù da Guardie di frontiera. In realtà, l'azione di Kiev, quasi immediatamente contenuta dalle Forze di Mosca, aveva conquistato non più di mille km. quadrati (meno della provincia di Imperia), ma era stata adeguatamente venduta dalla propaganda ucraina ed occidentale come un duro colpo alla credibilità russa e un grande successo personale di Zelensky, che anche per questo aveva rimosso il nr. 1 delle sue Forze Armate Zaluzhnyi.

Infatti, il pro tempore Capo militare ucraino era fortemente contrario all'operazione, perchè impegnava alcuni reparti fra i migliori, non aveva grossi margini di sostenibilità e non avrebbe conseguito il suo obiettivo prioritario di distogliere forze russe dal fronte interno nazonale.

In effetti, il Generale dissidente non aveva torto, perchè questa operazione è costata un alto numero di perdite, circa 76.000 uomini tra morti e feriti, la distruzione di molti assetti ed armamenti (molti dei quali occidentali) e non ha contribuito ad allentare la pressione delle unità di Mosca nelle aree operative ucraine.

Tuttavia, se a livello operativo l'attacco alla Russia si è sostanzialmente concluso con un disastro, paradossalmente, a livello strategico avrebbe potuto costituire un successo di notevole valenza, perché una presenza delle truppe di Kiev in territorio russo, all'atto di un ipotetico cessate il fuoco, avrebbe costituito una importante carta in mano a Zelensky, nelle successive trattative sulle concessioni territoriali.

Non è dato di sapere se, all'atto della decisione di attaccare la Russia, tra gli intendimenti della leadership ucraina ci fosse anche quello di poter disporre di un tale vantaggio, ma di certo, ritardando l'apertura di un tavolo di trattativa, non ne ha minimamente tenuto conto, lasciandolo sfumare con la perdita dell'ultimo villaggio russo a suo tempo conquistato.

Questi eventi bellici degli ultimi mesi nella regione di Kursk hanno invece sortito un altro effetto a livello strategico, che avrà sicuramente grande influenza nello sviluppo di un eventuale nuovo equilibrio mondiale. Si fa riferimento al rafforzamento delle relazioni bilaterali tra Russia e Corea del Nord, al punto da poter parlare ormai di vera e propria alleanza tra le due Nazioni. Infatti, con il sangue versato dai soldati nord coreani, per contribuire alla scacciata degli Ucraini dal suolo russo, si consolida decisamente il Trattato di Partenariato Strategico Globale, siglato il 20 giugno 2024 da Mosca e Pyongyang, che prevede il reciproco aiuto militare in caso di invasione.

In un'ottica di pura e cinica analisi militare, da questa partecipazione in terra russa, nonostante le perdite, che in un contesto politico come questo purtroppo hanno un valore relativo, la Corea del Nord ne esce con una notevole ricaduta esperienziale dei propri comandi, perchè nulla come le operazioni reali migliora la capacità operativa delle Forze Armate. E questo è tanto vero quanto è grande la preoccupazione, per nulla celata, della Corea del Sud al riguardo.

Ma questo non è il principale valore aggiunto per Pyonyang a seguito del suo intervento, perché la riconoscenza di Putin verso l'inedito alleato, molto probabilmente, non si limiterà ad un aiuto militare diretto in caso di una necessità contingente. Infatti, è pressoché certo che Mosca consoliderà il suo ruolo di partner prioritario anche in altri importanti settori, come quelli strategici del rifornimento energetico, del commercio e dello sviluppo tecnologico, soprattutto in campo missilistico, che renderebbe la Corea del Nord più temibile come potenza nucleare (45 testate disponibili).

In tale contesto, si può affermare che il Leader Kim Jong-un, per quanto il suo aspetto possa sembrare quasi pittoresco, sia riuscito a conseguire il vitale obiettivo di rompere l'isolamento in cui la Comunità Internazionale ha per lungo tempo segregato il suo Paese riuscendo nel contempo, aspetto non meno importante, a diversificare i suoi rapporti politici, economici e commerciali con l'estero che, sinora, erano relegati al solo ambito cinese.

Pertanto, Zelensky ha giocato la carta Kursk, ma Kim ha vinto la mano di gioco.

Marcello Bellacicco

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