Torino va piano, il turismo impatta meno di quanto sembri e i decisori non fanno rete ma "circolini". È l'analisi - quasi brutale - di Luca Davico, sociologo in Sociologia Urbana presso il dipartimento interateneo di Università e Politecnico, intervistato dal Podcast a Domicilio di DixTV. Davico non parla per sensazioni o per partito preso ma riporta i dati del Rapporto Rota da lui coordinato, lo studio del Centro di Ricerca e Documentazione "Luigi Einaudi" che ogni anno cerca di raccontare le trasformazioni di Torino.
"Ci sono due poli attrattivi altamente qualificati che sono Milano e Bologna, più quella zona che va dal Veneto a Firenze, che attraggono i giovani laureati. Noi a Torino abbiamo un doppio problema: sono pochi e se ne vanno". Davico parte dall'attrattività di Torino per delinearne la situazione: se chi è giovane e ha competenze non rimane, alla città mancherà il motore di sviluppo.
Le motivazioni? "Torino - dice - tra i punti di forza principali ha l'essere una città vivibile e stimolante dal punto di vista dell'offerta culturale, ma è molto debole dal punto di vista dell'offerta lavorativa. I tipi di offerta lavorativa che fanno altrove sono stipendi più alti e più contratti indeterminati. Torino ha un saldo negativo con l'estero: in molti arrivano, soprattutto al Politecnico, ma poi a tre anni dalla laurea sono all'estero a lavorare".
Il paragone con Milano, polo principale del nord Italia e vista dai torinesi come competitor, non regge: "Milano è più cara ma le retribuzioni sono più elevate. Nell'ultimo anno il 75% dei giovani assunti nella città metropolitana di Torino è stata assunta con una delle mille tipologie di contratto precario. Alcuni settori nell'area torinese hanno contemporaneamente i più bassi livelli di retribuzione e i più alti livelli di precarietà, per esempio il settore culturale e del tempo libero".
Ma non solo Milano, da alcuni punti di vista Torino è indietro anche alle altre maggiori città italiane. Ad esempio, afferma Davico che in molti a Torino stanno sovrastimando l'impatto del turismo, che è ancora troppo limitato in giorni e stagioni e, soprattutto, solo al centro città, e non così rilevante dal punto di vista occupazionale. "Ho l'impressione che sul turismo ci sia un'illusione ottica collettiva - spiega -. Tra le 15 città metropolitane, la percentuale di persone occupate che lavorano nel turismo, a Torino è la più bassa: a tutt'oggi sono pochissimi che riescono a vivere di turismo. L'illusione ottica è che abbiamo un turismo iper centralizzato: abbiamo le code davanti ai musei e in piazza Castello nei ponti o nelle stagioni di mezzo o nei grandi eventi come le Atp. Ma nel resto dell'anno e nelle altre zone, esclusa forse la Reggia di Venaria, di turisti ce ne sono pochissimi. Vedendo le code al Museo Egizio in occasione del ponte sembra si sia fatto il boom. Ovviamente il turismo è cresciuto molto rispetto a 20 anni fa ma questo è un fenomeno mondiale. Se andiamo a confrontarci con altre realtà, a Torino pesa ancora pochissimo da un punto di vista occupazionale".
Lo stesso vale per il futuro della città: l'industria dell'auto conta ancora troppo, mentre turismo e aerospazio non sono in grado di colmare la crisi: "Dagli anni '90 sono partite molte strategie sul modello di sviluppo ma non l'abbiamo ancora trovato. L'automotive, anche se non è più solo Fiat/Stellantis, continua a essere un settore molto rilevante e il turismo non può rimpiazzarlo. I numeri dell'aerospazio pesano 1 a 4 rispetto all'automotive".
La soluzione, secondo lo studioso è mettersi a un tavolo a studiare le soluzioni, tutti insieme. Ma, nonostante la collaborazione tra le parti sia sbandierata da Sindaco, Presidente di Regione, università e industriali, Davico dice che in realtà manca. "Ci sono ricerche che dicono che abbiamo molta meno fiducia nel prossimo, poca abitudine a lavorare in rete con altri e fare sistema. C'è un ritardo culturale di fondo, che si può modificare e trasformare, ma dobbiamo essere consapevoli che, quanto sentiamo tanti discorsi sul fare rete, sono persone che preferiscono vivere nel proprio recinto".
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