Per anni il dipendente della Presidenza del Consiglio è stato esposto a fumi ed altre sostanze cancerogene, fino alla diagnosi di leucemia cronica a cellule capellute. L’uomo, adibito a bruciare fascicoli riservati e privo delle adeguate protezioni, è ancora oggi in servizio, seppur con diversa mansione.
Il Consiglio di Stato ha finalmente accolto le richieste presentate dall’Avv. Ezio Bonanni, con la conseguente condanna della Presidenza del Consiglio, oltre al riconoscimento dell’origine professionale della malattia del dipendente.
Amianto, vernici e solventi: l’esposizione lavorativa della vittima
Il lavoratore è stato impiegato dal 1992 al 2013 alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, inizialmente assunto come falegname, era stato poi occupato come addetto all’incenerimento di materiali sensibili. A condurlo alla diagnosi infausta è stato il luogo in cui ha svolto le sue mansioni, definito altamente insalubre. Infatti, il locale in cui operava era privo di finestre e completamente isolato dall’esterno.
Proprio lì, il dipendente ha respirato per anni polveri di legno, vernici, solventi e fibre di amianto. Gli stessi giudici hanno parlato di "carenze istruttorie e inadeguata valutazione scientifica dell’esposizione a sostanze tossiche e cancerogene". La diagnosi di leucemia cronica a cellule capellute è giunta nel 2012.
Dopo il rigetto, il Consiglio di Stato restituisce giustizia
La Presidenza del Consiglio ha sempre mantenuto fermamente la propria posizione, negando ogni responsabilità. Ma dopo un primo rigetto del ricorso da parte del TAR del Lazio, il Consiglio di Stato, grazie alla determinazione degli avvocati Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, e Pietro Gambino, ha completamente ribaltato la sentenza restituendo giustizia al lavoratore vittima dell’esposizione cancerogena. Il Giudice ha stabilito che le sue condizioni lavorative e l’esposizione prolungata a sostanze tossiche sono state all’origine della malattia professionale.
È la prima volta in assoluto che un tribunale riconosce il diritto alla tutela della salute per un dipendente con incarichi speciali presso Palazzo Chigi. Un precedente che potrebbe aprire la strada al riconoscimento di condizioni simili per altri servitori dello Stato.
Dal 2013 l’uomo non può più ricoprire incarichi operativi ed è stato trasferito a mansioni d’ufficio. Continua però a sottoporsi a controlli medici, vivendo sotto costante sorveglianza sanitaria.
Un precedente che non può essere ignorato
“La sentenza del Consiglio di Stato rappresenta un punto di svolta per tutti i lavoratori e per coloro che operano in ambienti ad alto rischio senza adeguata protezione,” ha dichiarato Bonanni, che aggiunge: “auspico che ora si metta fine allo scontro. Rivolgo un appello alla Premier Giorgia Meloni: so bene che non ha alcuna responsabilità per quanto accaduto in passato, ma oggi ha l'opportunità – e il potere – di segnare una svolta concreta. I diritti di questo lavoratore devono essere pienamente riconosciuti: causa di servizio, risarcimento danni e status di vittima del dovere.”