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Economia e lavoro | 25 settembre 2025, 13:01

Federico Marcaccini sulle branded residences in Italia tra premium di prezzo e gestione

Le branded residences stanno costruendo un ponte sempre più solido tra proprietà residenziale e ospitalità di lusso.

Federico Marcaccini sulle branded residences in Italia tra premium di prezzo e gestione

Un modello ibrido che integra standard elevati di design, servizi e gestione con la flessibilità d’uso tipica della seconda casa. Gli ultimi riscontri di mercato indicano un premium di prezzo fino al +31% rispetto alle residenze di lusso tradizionali e rendimenti lordi stimati tra il 4% e il 7%, a fronte di un 2–4% per le residenze tradizionali e di un 5–7% per gli hotel. In parallelo, l’offerta globale è attesa in forte crescita nei prossimi anni, segnale di un interesse che non è più di nicchia ma di segmento.

Premium di prezzo e profilo di rendimento

Il differenziale di prezzo fino al +31% emerge come sintesi di tre leve: brand reputation, pacchetto servizi (dalla concierge alla manutenzione programmata) e governance della gestione. L’effetto combinato si riflette non solo sul listino, ma anche sui tempi di assorbimento commerciale, dove la forza del marchio tende a ridurre il rischio di invenduto. Sul fronte ritorni, lo yield per questa asset class si colloca in un intervallo stimato 4–7%, intermedio tra residenziale tradizionale (2–4%) e hotellerie (5–7%). Per un investitore, la lettura operativa è chiara: si paga un extra per un servizio che, se ben eseguito, sostiene prezzi, velocità di vendita e possibilità di messa a reddito.

Implicazioni per i rendimenti

Il nodo non è “quanto costa il brand”, ma quanto valore operativo crea: capacità di generare canoni coerenti con il posizionamento, occupazione più stabile grazie alla distribuzione professionale e riduzione delle inefficienze tipiche della gestione frazionata. Come osserva Federico Marcaccini, “il marchio vale quando difende standard e ricavi: senza execution, il premium si sgonfia”. In termini pratici, il margine nasce dall’integrazione tra prodotto, servizi e controllo dei processi: se uno dei tre elementi viene meno, la curva dei ritorni si appiattisce.

Per i player che cercano rendimento con rischio misurato, il profilo “intermedio” delle branded residences consente di diversificare rispetto all’hotellerie pura (più ciclica) e al residenziale tradizionale (più compresso lato yield). Il driver decisivo è la coerenza micro-locale: contesti urbani e turistici con domanda internazionale, connettività e infrastrutture di qualità massimizzano la disponibilità a pagare e la tenuta dei valori.

Perché l’ibrido casa–hotel allarga la domanda

La chiave del modello è l’uso flessibile: una parte dell’anno l’unità funziona da seconda casa, nel resto entra in locazione turistica o transitoria, con canali, presidio del pricing e housekeeping orchestrati dal brand hospitality. Per gli operatori alberghieri la formula amplia il portafoglio immobiliare e consolida la presenza in destinazione senza l’impegno di capitali per nuovi hotel stand-alone; per il proprietario finale, riduce drasticamente le frizioni operative (prenotazioni, manutenzioni, standard di servizio) che spesso erodono i rendimenti nei modelli “fai da te”.

Ricadute commerciali e operative

La forza del brand accelera la commercializzazione: campagne coordinate, fiducia del cliente finale nel mantenimento degli standard e storytelling del servizio agevolano il time-to-market e la stabilità del pricing. “La domanda non compra solo metri quadri, compra una promessa di esperienza”, sottolinea Marcaccini. Il risultato è un vantaggio competitivo legato al premium di prezzo delle branded residences misurabile nella fase di go-to-market e, nel ciclo di gestione, una pipeline di cassa più prevedibile grazie a processi codificati su qualità, manutenzioni e customer care.

Sul piano industriale, l’allineamento degli incentivi è il vero moltiplicatore: il brand tutela la reputazione, quindi il valore dell’asset; il proprietario beneficia di occupazione e tariffe gestite professionalmente; l’operatore diversifica le fonti di ricavo oltre il tradizionale RevPAR. Ne deriva una matrice dei ricavi più elastica, capace di mitigare picchi e contro-picchi tipici delle sole componenti stagionali.

Prospettive 2026 e Italia in primo piano

Il segmento è in espansione: il Global branded residences report 2025 sui trend globali delle branded residences stima un +55% dell’offerta entro il 2026, con un tasso di crescita annuale nell’ordine del 12%. La dinamica è coerente con la ricerca, da parte dei capitali, di asset “a prova di servizio”, dove la componente gestionale sia una leva di valore e non un freno. La scala globale dei marchi, sommata alla mobilità dei clienti alto-spendenti, sostiene pipeline e internazionalizzazione della domanda.

Casi e segnali dal mercato italiano

Sul mercato domestico si moltiplicano i dossier: oltre a progetti riconducibili a Falkensteiner, Ennismore e Apartments by Marriott, è atteso l’arrivo del Mandarin Oriental a Milano. In area alpina, Cortina d’Ampezzo e Courmayeur vedono l’affacciarsi di iniziative con player del lusso internazionale. “L’Italia ha attrattività naturale,, come confermato dall'analisi sugli investimenti in Italia nelle branded residences vince chi porta standard globali e governance trasparente”, commenta Marcaccini. Questo implica controllare con rigore capitolati, livelli di servizio e continuità di gestione: il brand è il punto di partenza, non di arrivo.

Allargando lo sguardo, alcuni progetti iconici – come le Four Seasons Private Residences Dubai at Jumeirah – hanno codificato un linguaggio progettuale che unisce architettura, servizi e gestione in un’unica value proposition. Per gli operatori italiani la lezione operativa è duplice: compatta narrativa e prodotto, e presidia nel tempo manutenzioni, community e standard per proteggere il valore di rivendita.

Come si costruisce davvero il valore

Il valore non risiede solo nell’etichetta del marchio, ma nella coerenza tra prodotto, servizi e destination. A parità di brand, progetti con micro-location forti (accessibilità, retail di qualità, asset culturali) e resilience stagionale tendono a esprimere premi di prezzo e rendimenti più solidi. La gestione centralizzata della locazione – con tariffazione dinamica, canali proprietari o preferenziali e controllo della qualità – è un moltiplicatore che riduce i costi di frizione e migliora la prevedibilità dei flussi.

Selezione dei progetti e due diligence essenziale

Per gli investitori, la due diligence deve essere operativa oltre che tecnico-legale: pipeline di domanda, governance dei servizi, SLA e penali, piano di manutenzione e sostituibilità del gestore. “Non è un prodotto da acquistare sulla carta del brand, ma sul contratto di gestione”, osserva Marcaccini. Solo così il premium si traduce in yield e non in una semplice sovrapprezzo iniziale.

Per i developer, la regola è anticipare l’operatività: progettare spazi per back-of-house, flussi di housekeeping, magazzini, e un capitolato reale di servizi, evitando promesse vaghe che poi pesano come costi non recuperabili. La governance – chiarezza su ruoli, responsabilità, standard – è la garanzia che preserva la reputazione del brand e, con essa, il valore immobiliare nel tempo.

Riepilogando

La traiettoria delle branded residences è chiara: più servizio, più governance, più valore. Il premium di prezzo e il profilo di rendimento sono la manifestazione economica di un ecosistema che tiene insieme design, servizi e gestione. Per l’Italia esiste una finestra competitiva, a condizione di importare non solo i marchi, ma soprattutto gli standard che li rendono credibili. “Il mercato premia chi riesce a garantire qualità ripetibile nel tempo”, conclude Marcaccini. È su questa ripetibilità – più che sul logo in facciata – che si gioca la differenza tra un’operazione che crea valore e una che lo consuma.










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