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Economia e lavoro | 12 ottobre 2025, 16:36

Pasta "salata" coi dazi Usa al 107%. Fantolino (Cna agroalimentare Piemonte): "Così impossibile competere sul mercato americano"

La nuova tariffa potrebbe scattare da gennaio 2026: un 91,74% che si va a sommare al 15% precedente. “Colpo mortale per l’industria agroalimentare italiana e per il nostro marchio di eccellenza nel mondo e che penalizza soprattutto pmi e microimprese"

Anche la pasta piemontese teme i nuovi dazi Usa

Anche la pasta piemontese teme i nuovi dazi Usa

La pasta italiana per gli Usa? Salatissima: colpa del nuovo dazio che, se entrasse in vigore, da gennaio 2026 caricherebbe una tariffa del107% su uno dei prodotti di bandiera del nostro Paese. 

Un problema che tocca da vicino anche Torino e il Piemonte, come racconta Claudio Fantolino, presidente di CNA Agroalimentare Piemonte. "Un rincaro così pesante rende estremamente difficile competere sul mercato americano, uno dei principali sbocchi per il Made in Italy agroalimentare”. Per il Piemonte, un settore che vale 700 milioni, nel suo complesso, quanto a esportazioni verso gli Stati Uniti.

Cosa cambia in concreto

I calcoli sono presto fatti: se gli Stati Uniti imponessero per davvero un dazio aggiuntivo del 91,74% sulla pasta italiana, che si andrebbe ad aggiungere al dazio già esistente del 15%, si arriverebbe al 107%. Questo significa che, per ogni pacco di pasta esportato, il costo delle tasse doganali più che raddoppierebbe, diventando un vero e proprio ostacolo per le imprese italiane. “Facciamo un esempio semplice per capire l’impatto pratico - denuncia Fantolino - se un pacco di pasta italiana ha un prezzo di esportazione di 1 euro, con un dazio del 107% il venditore o l’importatore dovrà pagare una tassa doganale di 1,07 euro. 

Di conseguenza, il costo totale per far arrivare quel pacco negli Stati Uniti salirà a 2,07 euro, più del doppio del prezzo iniziale. Un rincaro così pesante rende estremamente difficile competere sul mercato americano, uno dei principali sbocchi per il Made in Italy agroalimentare”.

"Microimprese penalizzate"

Questa misura - proegue - penalizza soprattutto le pmi e le microimprese, che rappresentano circa il 94% del tessuto produttivo italiano e sono i veri custodi del Made in Italy. A questa mazzata si aggiunge poi la recente svalutazione del dollaro rispetto all’euro, pari al 13%, che incide ulteriormente sul costo finale per le imprese italiane. Sommando i due effetti, si arriva a un aumento reale del costo per le esportazioni verso gli Stati Uniti del 28%, un peso gravissimo per tante realtà già fragili”.

Giro d'affari da 700 milioni

Come detto, a livello piemontese, l’export agroalimentare verso gli USA vale complessivamente circa 700 milioni di euro, una quota significativa per l’economia regionale e per le tante imprese che operano nel settore. Ma quello che preoccupa ancora di più è che questa potrebbe essere solo la prima di una serie di misure protezionistiche che colpiranno tutta la filiera agroalimentare, e di conseguenza anche altri settori produttivi, se non si interviene tempestivamente con una strategia chiara e concreta di tutela da parte del governo. 

L’export piemontese verso il mercato americano rischia di subire un contraccolpo pesantissimo, con ripercussioni non solo economiche ma anche occupazionali e sociali”, conclude Fantolino.

Massimiliano Sciullo

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