Il modello Moi si estende ai campi Rom: liberare le aree di criticità (che saranno poi bonificate) spostando le persone in case o spazi adatti e accompagnandoli con percorsi di formazione e inserimento sociale. E' il "Progetto speciale campi nomadi" e coinvolge una platea di circa 700 persone.
E se Torino riuscirà a superare un'emergenza umana - prima che sociale e di sicurezza - come questa, allora il risultato sarà senza dubbio un merito di una vera squadra. Quella formata da Comune, Regione, Prefettura e Diocesi che proprio negli uffici di piazza Castello, alla presenza del prefetto Claudio Palomba, hanno siglato il protocollo che scandirà le azioni e il modello da seguire, da oggi in poi, per recuperare al bene pubblico intere aree ormai ai margini della società.
Il protocollo comincerà dai campi regolari, per poi espandersi anche a quelli irregolari (cosiddetti "informali"). Entro la fine dell'anno il campo Rom di via Germagnano (il "Germagnano 10") sarà completamente svuotato e poi si procederà, man mano che arriveranno risorse e pianificazione, sia con strada Aeroporto che con la parte irregolare di via Germagnano. I numeri dicono che si tratta di 60-70 persone a Germagnano 10, altre 400 nella parte irregolare e 230 a strada Aeroporto. In tutto, circa 700.
"Abbiamo ripreso il percorso cominciato con il Moi, adattandolo al superamento dei campi Rom - sottolinea la sindaca, Chiara Appendino - e abbiamo messo in campo i responsabili molti settori diversi, visto che si spazia dalla sicurezza all'ambiente fino ai servizi sociali".
"Avevo detto che entro l'anno avremmo completato l'operazione su via Germagnano e siamo nei tempi per superare la parte autorizzata. Ma anche su quella non autorizzata siamo andati avanti con impegno, cercando di conoscere e rispondere a tutte le diverse esigenze. Ma ad ogni diritto corrisponde un dovere e dunque chiediamo un impegno in prima persona per poter uscire da situazioni che spesso non sono umanamente accettabili'', continua la prima cittadina.
''Abbiamo ridotto la parte non autorizzata del 35% e nel 2020 proseguiremo in questo territorio, oltre a concentrarci su strada Aeroporto. Abbiamo anche ottenuto risultati sul problema dei roghi, visto che abbiamo ridotto i casi dell'85%. Dopo aver già proceduto su Tazzoli, Vercelli e Reiss Romoli, anche se erano numeri diversi. Con questo protocollo confidiamo di raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti entro il prossimo anno".
"Non è un percorso facile - dice la vicesindaca Sonia Schiellino - anche perché a livello culturale in tanti non capiscono perché non possano più vivere in un campo. Abbiamo cominciato dai campi regolari per dare precedenza a chi aveva già iniziato un percorso di regolarizzazione in passato".
"È difficilissimo, però, andare avanti: in questa prima fase solo il 10% delle persone contattate perché con una casa da affittare sul mercato, hanno anche solo accettato di prendere in considerazione la cosa. C'è uno stereotipo da superare e sta alle stesse persone coinvolte il dovere di sfatarli".
"Come diocesi siamo disposti a mettere a disposizione campi e terreni per chi intende stabilire la propria roulotte, insieme ai servizi delle nostre strutture - dice Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino - Ma fondamentali saranno i percorsi scolastici da fare seguire ai ragazzi, così come i corsi di lingua per gli adulti e senza dimenticare i servizi religiosi pur nel rispetto delle diverse fedi. E soprattutto serve accompagnamento, altrimenti si rischiano i fallimenti già accaduti con passati tentativi". "Vorremmo che il sistema Torino possa diventare un esempio per il Paese anche sul fronte dei rom", conclude Nosiglia.
"Siamo molto soddisfatti di aver dato corpo a un nuovo protocollo, per cui stanzieremo circa 300mila euro - aggiunge l'assessore regionale alla Sicurezza, Fabrizio Ricca - sulla scorta di progetti passati che hanno dato risultati positivi e duraturi, come dimostra il caso del Moi".
"In questo modo contiamo di superare la problematica dei campi Rom, andando oltre o comunque vedendo nascere in futuro strutture su basi diverse. È solo un inizio, ma sono sicuro che se lavoreremo in questi modo potremo risolvere molti altri problemi".
"Stanno emergendo nuove energie affinché il bene comune riesca a espandersi su questi territori - commenta Michele Di Bari, capo dipartimento per le Libertà Civili e l'immigrazione per il Ministero dell'Interno - e sono sicuro che questo protocollo può essere un esercizio di responsabilità, ma anche esempio per il resto del Paese".
"Oggi è una giornata storica, per Torino, che ha già fatto la storia d'Italia in passato: una giornata storica che vede istituzioni alleate per reclamare diritti e la loro applicazione, facendo fronte comune, soprattutto a difesa dei più deboli".