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Politica | 21 dicembre 2019, 07:30

“Mare nostrum”, il presepe radicale ai tempi dei decreti sicurezza

I Radicali Italiani hanno rappresentato Gesù, Giuseppe e Maria su una barca in mare aperto, circondati da migranti in procinto di annegare. Lanciata anche la campagna “Signor Presidente!”

“Mare nostrum”, il presepe radicale ai tempi dei decreti sicurezza

Un presepe per ribadire la propria ferma contrarietà ai decreti sicurezza: la sezione torinese dei Radicali Italiani ha rivisitato il classico simbolo natalizio rappresentando la sacra famiglia su una barca naufragata in mare aperto e circondata da migranti in procinto di annegare; l'opera, intitolata “Mare Nostrum”, è ospitata nella sede dell'associazione “Adelaide Aglietta” in Via San Dalmazzo.

A illustrare le motivazioni dell'iniziativa è stato il presidente nazionale Igor Boni: “In Piemonte e nel resto d'Italia – spiega – i simboli religiosi vengono utilizzati in modo inaccettabile e laicamente blasfemo per fini politici. Basta pensare alla strumentalizzazione di crocifissi, vangeli e rosari fatta nei comizi o alla lettera inviata dall'assessore regionale per invitare le scuole a fare il presepe”.

L'obiettivo è quello di colpire i decreti sicurezza: “Il presepe mostra la realtà dei fatti, l'attualità di migliaia di morti in mare negli ultimi dieci anni: non siamo anti-religiosi ma rivendichiamo il concetto di stato laico espresso dalla nostra costituzione. L'ipocrisia è dimostrata da leggi che, in nome di un'invasione che non c'è, provocano morte distruggendo il diritto alla vita”.

A tal proposito è stata anche lanciata la campagna “Signor presidente!”, rivolta a Sergio Mattarella e firmata da personalità di rilievo nazionale come lo scrittore Roberto Saviano e il “medico di Lampedusa” Pietro Bartolo: “Chiediamo a Mattarella - conclude Boni – di sollecitare il parlamento sulla modifica dei decreti sicurezza, nei passaggi che lui stesso ha già segnalato come maggiormente critici, e sulla sospensione del memorandum 2017 con la Libia, provvedimento in grado di provocare morti ma non la pacificazione”.

Marco Berton

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