Per combattere le agromafie è importante sostenere gli agricoltori e sensibilizzare i consumatori riguardo al concetto che un buon prodotto deve essere venduto a un prezzo giusto: l’ottica del ribasso e del prezzo minimo può essere molto pericolosa, perché dietro a un chilo di pomodori venduti a prezzo stracciato potrebbe esserci una storia di sfruttamento, caporalato e, per l’appunto, mafia.
E’ questo il senso degli interventi del dibattito sulle agromafie che si è tenuto alla festa del Pd di ieri sera, a Torino. A prendere la parola per primo è stato il magistrato Francesco Gianfrotta, che ha ha spiegato: “Le mafie impongono i prezzi all’agricoltore, ma non solo, intervengono sul trasporto e poi anche sui mercati sia all’ingrosso che nella fase di distribuzione”. “E poi – ha aggiunto - ci sono i falsi Made in Italy, i prodotti agricoli contraffatti ed esportati. I dati Eurispes sono allarmanti, il fatturato medio annuo delle agromafie nel 2015 era di 16 miliardi, l’anno dopo di 22 miliardi: c’è stato un aumento del 30 percento”.
Il parlamentare del Pd Davide Mattiello, ha ricordato che “in questi quattro anni l’attenzione è stata alta, contro caporalato e agromafie” e ha promesso di “vigilare” sui lavori in aula affinché si arrivi presto ala riforma della normativa sui testimoni di giustizia.
Il consigliere regionale Antonio Ferrentino ha posto l’accento sul problema principale: “che è quello di riconoscere il giusto prezzo alle produzioni agricole di qualità”, ha detto. “Oggi – ha denunciato - tra il prezzo riconosciuto al produttore e quello del consumatore finale il range è uno a dieci, un chilo di pomodori pachino può essere comprato a 50 cent al produttore e venduto a 5 euro al consumatore. Così facendo tanti discorsi svaniscono e ricordiamoci che ci sono 5mila ristoranti in Italia controllati dalle mafie”. Anche Mattiello ha riconosciuto: “Senza fare demagogia, se la politica non si fa carico della formazione del prezzo del prodotto, il rischio c’è”.