All’epoca dei fatti, Khalid De Greata aveva una “capacità di intendere e di volere grandemente scemata”, per infermità individuata in un “disturbo psicotico” ovvero “con caratteristiche di specie paranoidi”: è questa la prima conclusione a cui è giunto il prof. Franco Freilone, psichiatra forense e docente di Psicologia all’Università di Torino, il consulente tecnico nominato dalla Procura torinese per effettuare la perizia psichiatrica sul 27enne nigeriano che il 15 ottobre scorso, al mercato del libero scambio di Torino, ha sgozzato il 51enne Maurizio Gugliotta, di Settimo Torinese, ferendo anche l’amico che si trovava con lui.
Un crimine senza un perché, alla base del quale non c’era neppure una lite o un diverbio per futili motivi, come si era pensato inizialmente: l’omicida ha giustificato il suo misfatto sostenendo di aver estratto il coltello e di aver colpito perché i due amici avrebbero sparlato di lui, o meglio questo è quello che deve aver pensato, creduto o interpretato, perché Gugliotta era una persona mite e tollerante che aveva anche tanti amici stranieri e di colore.
A fronte di questo quadro, è stato lo stesso Pubblico Ministero della Procura di Torino titolare del procedimento penale per omicidio e tentato omicidio a carico del De Greata, il dott. Gianfranco Colace, a presentare la richiesta di procedere con incidente probatorio per l’espletamento di una perizia psichiatrica volta ad accertare se l’assassino fosse capace di intendere e volere al momento del crimine: un’istanza accolta dal Giudice per le Indagini Preliminari, dott.ssa Ambra Cerabona, con il conseguente affidamento dell’incarico il 9 febbraio scorso.
Nella sua perizia appena depositata il consulente conclude anche che l’assassino è apparso persona socialmente pericolosa, e che la sua pericolosità è elevata, ma che al momento appare capace di stare in giudizio. Dunque, riassumendo, seminfermità mentale e capacità di sostenere il processo. Le conclusioni dovranno comunque prima essere discusse nell’udienza fissata per il 3 di maggio, in Tribunale a Torino, con la possibilità per i legali delle parti, oltre che ovviamente per i magistrati, di interrogare e chiedere spiegazioni al CTU.
E quel giorno in aula sarà presente anche la vedova della vittima, Carmela Caruso che è assistita dall’avv. Giulio Vinciguerra, del Foro di Torino, e da Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che si fa carico a titolo gratuito delle spese di assistenza legale.
“Sapevamo che purtroppo c’era questa possibilità, e in qualche modo eravamo preparati, ma ovviamente non non siamo soddisfatti né d’accordo – commenta amaro la signora Caruso - Da un lato c’è quanto meno la consolazione che l’assassino non è stato dichiarato totalmente incapace di intendere e di volere, e che quindi non è impunibile, ma se gli sarà riconosciuta dai giudici la seminfermità mentale il rischio è che se la cavi con poco. Io mi ritrovo senza un marito, i miei tre figli senza un padre. La nostra vita da quel maledetto giorno è uno strazio, l’unica soddisfazione che ci restava, pur sapendo che comunque nulla ci avrebbe restituito Maurizio, era quella della giustizia, di una pena congrua ed esemplare, che per noi era ed è l’ergastolo. Molto probabilmente non sarà così”.
“Ma francamente nutro anche molti dubbi sulla pazzia o semi-pazzia di questa persona – aggiunge la moglie di Maurizio Gugliotta che conclude con una domanda inquietante, la madre di tutte le domande – E se anche fosse così, mi chiedo come mai quand’è entrato in Italia non se ne siano accorti, non l’abbiano controllato in tutti questi mesi nei quali ha girato per il nostro Paese. Possibile che si scopra che era pazzo dopo che ha ammazzato un uomo? Un onesto padre di famiglia? Mio marito?”.