L’edizione numero 33 di Lovers Film Festival si chiude nel segno dei diritti e delle conquiste. A vincere il festival è stato il lungometraggio brasiliano “Tinta bruta”, di Marcio Reolon e Filipe Matzembacher, che si è portato a casa anche il premio della giuria Young Lovers. L’opera racconta la storia di Pedro, “camboy” che si confronta con problemi penali e famigliari in uno stesso, difficile periodo. Ma in contemporanea, sullo sfondo, c’è la ricerca dell’amore. Ed è questo tema, la ricerca dell’amore appunto, a emergere nell’ultima edizione del festival.
Gli animi erano infatti piuttosto euforici tra il pubblico e tra gli ospiti, per via del passo importante compiuto dal Comune di Torino, con la registrazione dei figli di coppie omogenitoriali a partire dal caso della consigliera Chiara Foglietta. La parola che si sentiva ripetere maggiormente era “finalmente”. Finalmente le registrazioni, ma finalmente anche un corso di Storia dell’omosessualità all’Università, che alla prima lezione ha dovuto cambiare aula perché quella scelta era troppo piccola per ospitare gli oltre 250 iscritti.
Il presidente e fondatore del festival, Giovanni Minerba, ha parlato di una “Stonewall italiana”. Una forzatura, certo, ma che rende l’idea dell’importanza rivestita da fatti come questi per la comunità e per la società. Che poi tutto questo sia avvenuto in contemporanea con Lovers Film Festival ha sicuramente un importante valore simbolico.
Certo, ci sono gli oppositori, c’è la Diocesi che critica fortemente l’iniziativa della sindaca Chiara Appendino, così come c’è il rischio che l’atto di registrazione venga impugnato, ma l’atto c’è e ha riaperto, con forza, la discussione, denotando una presa di posizione da parte di un ente locale che potrebbe fare da apripista per altri in Italia. “Ora speriamo nel contagio – ha commentato Pino Strabioli, che da due anni veste i panni del “cerimoniere” a Lovers, davanti al Cinema Massimo – che di solito è visto come una cosa negativa, ma in questo caso no, anzi speriamo si allarghi il più possibile”.
Torniamo a Lovers. Si è chiusa, stando alle impressioni raccolte tra pubblico e personale di sala, un’edizione che sembra aver richiamato più spettatori rispetto allo scorso anno, anche alla luce della collocazione temporale (aprile, anziché giugno), ma è ancora presto per dirlo. La chiusura del festival, affidata alla voce di Nina Zilli, ha regalato emozioni e un inaspettato tributo a Nina Simone. Si sono poi alternate le diverse giurie e Valeria Golino.
L’attrice, ieri pomeriggio, ha peraltro partecipato a un incontro pubblico guidato da Concita de Gregorio e da Irene Dionisio: un lungo discorso sull’identità, sull’arte cinematografica e sulla visione futura della società. In tutto questo, si è anche parlato del prossimo film, da regista, della Golino, “Euforia”, che ha ammesso di stare ultimando (mancano pochi giorni di lavoro) in vista della sua partecipazione al prossimo festival di Cannes.
Poi gli altri premi, la menzione speciale a “Tierra firme” di Carlos Marques-Marcet, il miglior doc, “Beyond the Opposite Sex” di Bruce Hensel, il miglior film “iconoclasta” (sezione Irregular Lovers), “Flores” di Jorge Jácome. Per finire il miglior cortometraggio, “Malik” di Nathan Carli”, e il vincitore del premio Stajano, “Bixa Travesty” di Claudia Priscilla e Kiko Goifman. Prima della proiezione del film di chiusura, “Thelma” di Joachim Trier, c’è stato spazio ancora per una curiosa performance, curata da un collettivo di danzatori, e anche per un video, realizzato da Lacumbia Film, per celebrare la Festa della Liberazione. Una “liberazione” che è più che mai attuale.