"La vera paura? Che mi investissero gli autobus". Alessandro Uva, 28 anni, da questa mattina alle 9 staziona davanti all'ingresso di Palazzo Nuovo con una benda sugli occhi e un cartello appeso al collo. "Ho l'Hiv, mi abbracci?".
"È un esperimento sociale", racconta, insieme ad alcuni ragazzi del collettivo universitario Identità Unite, che con lui sta lavorando a questa iniziativa. È un esperimento che hanno scelto di fare in vista della conferenza "HIV uno stigma sociale", che si terrà il 17 maggio al Campus Einaudi, nell'ambito del festival Narrazioni 2018.
"Vogliamo sensibilizzare le persone sulla condizione dei sieropositivi, combattere lo stigma sociale, sdoganare paure e stereotipi, soprattutto ora". Alessandro è un attivista che ha scoperto di aver contratto l'Hiv sono tre anni fa e ha voluto collaborare, mettendoci la faccia. "Una ragazza coi ricci, prima, mi ha detto "grazie per ciò che fai, per avere il coraggio che io non ho". Mi ha fatto un grande effetto".
Intanto, mentre ai suoi fianchi sfila la normale vita universitaria, in tanti guardano e passano. Tanto però si fermano e lo abbracciano. Lui, da sotto la benda, sorride. Anche per le scolaresche in gita diventa un passaggio irrinunciabile. Passa anche una classe di bimbi delle elementari. Un bimbo legge il cartello di Alessandro e chiede alla maestra cosa sia "L'IV". La maestra prende tempo, ma promette "ve ne parlo in classe, più tardi".
Alessandro sorride. La sua missione sta centrando il bersaglio.












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