Foa, a Torino, è un nome che richiama alla mente uno degli spaccati più illuminati dell’antifascismo intellettuale italiano. Una famiglia che ha fatto della passione politica e dell’impegno civile l’essenza della quotidianità, tramandata di generazione in generazione, dove parenti rabbini e socialisti tracciano un solco dal passato al presente, dall’Internazionale a Giustizia e Libertà, fino al ‘68 e agli anni di piombo. Una storia lunga, articolata in tanti episodi cruciali per la sinistra.
A raccontarla, oggi, è Anna Foa, figlia di Vittorio e Lisa, che, nel recuperare dal bandolo della matassa i fili intrecciati di tante esistenze, dipinge, in La famiglia F. (Laterza, 2018), un quadro allo stesso tempo intimo e collettivo, sentimentale e sociopolitico.
Il volume viene presentato questa mattina al Salone del Libro di Torino. L’autrice dialogherà con Gad Lerner in Sala Blu, alle ore 12.30.
“Volevo tramandare il ricordo della mia famiglia – spiega – e ho sempre pensato che questa fosse una storia importante da ricostruire. Perché non si tratta solo di un racconto familiare, ma è davvero la storia completa della sinistra italiana, delle evoluzioni che ha attraversato dai primi del Novecento”.
Vediamo allora scorrere tra le pagine avvocati di fede mazziniana e suffragette, gli albori del socialismo, la tradizione ebraica. E ancora, la Shoah, la Resistenza, il periodo in carcere di Vittorio Foa, la militanza della moglie Lisa in Lotta Continua. "Ritratti di famiglia che, però, ben rappresentano tutta la storia italiana di quegli anni”, commenta l’autrice, docente di Storia a La Sapienza e depositaria di una memoria preziosa, da custodire per i posteri. “Ma io non mi sono mai dedicata alla politica in modo attivo – precisa – anche se sono sempre stata convintamente di sinistra. Solo a 17 anni mi iscrissi al partito comunista, poi fui simpatizzante tra gli anni Settanta e Ottanta. Oggi sono ancora molto fiduciosa soprattutto nei confronti di quei movimenti al di fuori dei partiti in senso stretto. Basti pensare alla lotta al razzismo e alla xenofobia, alla tutela delle famiglie ebree dall’antisemitismo ancora diffuso”.
Un libro fatto di volti e azioni, ma soprattutto di luoghi. “La Torino che racconto è molto letteraria. C’è la lezione di Natalia Ginzburg, l’affresco di una città di artisti e intellettuali, come i pittori riuniti attorno Felice Casorati. È un luogo fondamentale, così come il resto del Piemonte: il mio bisnonno era di Moncalvo, i miei nonni sono sempre vissuti nel capoluogo. Anch’io, in fondo, mi sento molto torinese, pur essendomene andata a sei anni”.
La famiglia F. si presenta, così, come una voce autobiografica e testamentaria della parabola della sinistra italiana, tra sogni e disillusioni, mutamenti sostanziali e continuità ideologica. Una famiglia che ha scritto il Novecento e sempre sarà presente nel grande album della memoria collettiva.