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Attualità | 26 maggio 2018, 15:47

Il "Dolce di San Giovanni" dona nuova vita ai ragazzi del Ferrante Aporti

Un gruppo di parrocchiani del Redentore ripropone per il secondo anno una ricetta ispirata al patrono di Torino. I giovani detenuti sono stati coinvolti nella realizzazione a scopo benefico

Il "Dolce di San Giovanni" dona nuova vita ai ragazzi del Ferrante Aporti

Un dolce che a ogni boccone è come una rinascita, un rito che coinvolge volontari e giovani momentaneamente usciti fuori strada, nella speranza di ripartire e tornare a vivere. È la ricetta ideata da Paola Monferrato, cinquantatreenne appassionata di cucina, con un gruppo di amici parrocchiani della chiesa del Redentore, a Mirafiori Nord. Un progetto benefico che affonda le radici in un terreno delicato e fragile come solo la tutela dell’infanzia può essere.

Qualche anno fa mi sono accorta che, mentre preparavo un dolce, venivo colta da un’improvvisa stanchezza, e non riuscivo mai a terminarlo”, spiega Paola. “Ciò che provavo, in realtà, era paura, e realizzai presto che in tanti altri momenti della mia vita mi era capitato di avvertire questa stessa sensazione. Subito pensai: non voglio che i miei figli crescano con una madre vittima di queste angosce. Quindi inizia ad andare da uno psicologo”. Seduta dopo seduta, viene a galla il rimosso: un abuso subito a dieci anni in una casa in cui era abitudine fare molti dolci, e da qui un blocco per tutti gli anni seguenti.

Si arriva poi al settembre 2012, con la guarigione effettiva. “Quando sono uscita dall’analisi, ho provato una splendida sensazione di rinascita. Mi sono immersa nel lavoro e ho pensato di fare qualcosa per abbassare la stagionalità dei dolci, generalmente prodotti in dose massiccia solo durante le feste. E il patrono di Torino mi è venuto in aiuto”.

San Giovanni, infatti, non vanta un dolce tipico, a differenza di San Giuseppe con le sue zeppole, per citarne uno. Per di più, non viene celebrato solo a Torino, ma in circa 200 altri comuni italiani, anche molto importanti, quali Genova e Firenze. “La fase creativa è stata davvero frenetica”, racconta Paola. “Volevo racchiudere in un solo dolce tutta la simbologia legata al santo e i significati che porta con sé. Non doveva più essere un progetto commerciale, ma sociale. San Giovanni è depositario di un messaggio di nuova vita, proprio quello che provai uscendo dalla mia terapia”.

Dopo il lancio del progetto lo scorso 24 giugno 2017, al Duomo di Torino, i proventi delle vendite sono stati tutti destinati all'associazione Aporti Aperte, che si occupa di detenuti, e ad altre che si prendono cura di bambini in situazioni di disagio.

Il carcere minorile “Ferrante Aporti” ha accolto dei veri e propri laboratori di cucina in cui i ragazzi si sono cimentati nella preparazione del dolce, guidati dalla chef Roxana Rondan.

C’erano cristiani, musulmani e atei – racconta Paola – ma era incredibile vedere come tutti si sentissero profondamente coinvolti da quello che facevano. Chiedevo loro di esprimere una preghiera laica, mentre impastavano, un pensiero di nuova vita per sé, ma che fosse anche indirizzato a chi avrebbe poi ricevuto il dolce da loro preparato”.

E pare che il risultato sia stato davvero ottimo. Ingredienti miscelati a formare una conchiglia – la stessa con cui San Giovanni battezzò Gesù – in cui sono racchiusi tanti prodotti tipici che richiamano i territori in cui il santo è venerato. Abbiamo le nocciole del Piemonte, le mandorle fiorentine e il limone di Genova. Ma anche la marmellata di ciliegie, frutto stagionale, che rimanda anche al rosso della passione, e tanto altro ancora.

Domani, domenica 27 maggio, il dolce sarà riproposto al Duomo di Torino, per una degustazione subito dopo la messa della 9. Sono anche in programma diverse collaborazioni con i comuni di Imperia e Rivara, che festeggiano ugualmente il santo, e molte altre novità che saranno svelate in seguito.

Questo dolce – spiega Paola – mi ha insegnato che tutto ciò che noi facciamo nel privato, magari tenendolo nascosto, ha in realtà sempre a che fare con una dimensione pubblica, anche se non lo sappiamo. Per questo vuole essere la nuova vita per chi desidera un’altra occasione”.

Manuela Marascio

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