TNE riparte con lo sguardo rivolto a Coventry e Stoccarda, ma anche Rotterdam.
Dopo il concordato dei mesi scorsi, ricomincia infatti da una nuova pagina la storia che ormai da anni scandisce la vita torinese nel suo cammino di cambiamento e ripensamento post manifatturiero.
Un cammino che non vede più la presenza della Provincia, ma solo Regione e Comune, oltre a una quota di FCA. Non muta invece la disposizione degli asset di TNE: accanto all'area di Mirafiori, che dovrebbe accogliere anche il capolinea della Linea 2 della Metro, anche il Campo volo di Collegno, di dimensioni doppie (600mila metri quadri) rispetto all'ex area Fiat.
Per ora, proprio nella zona di Mirafiori, nella cosiddetta Zona A ci sono due corsi di laurea del Politecnico, nel cosiddetto Centro del Design, in quella che è l'unica area ristruttata. "Un ingresso fisso che ci permette di coprire le spese, ma non i costi della società".
Poco oltre, sorge l'area acquistata nei diritti di edificazione da NovaCoop, dove saranno concentrate attività commerciali ma anche palestre, ristoranti e piccole residenze universitarie (pensato proprio per il Politecnico). Un lavoro affidato alla matita dell'architetto Camerana. E in quell'area potrebbe anche trasferire i suoi uffici proprio TNE.
Ma altre aree restano in cerca di vocazione. "Una parte è opzionata dal Politecnico per il Competence Center - dice l'amministratore Unico di TNE, Bernardino Chiaia, in carica da pochi mesi - per portare l'avanguardia più avanzata dell'innovazione, ma anche spazi formativi".
"Mi piace immaginarlo come un grande parco tecnologico - prosegue Chiaia - e sempre qui potrebbe arrivare il Manufactoring center legato all'Unione Industriale con il coinvolgimento di Equiter di Intesa Sanpaolo. Se questo progetto non si dovesse realizzare, agiremo in modo diverso e faremo noi un'operazione di parco tecnologico, ma parcellizzando le vendite. Abbiamo dato il 2019 come limite di tempo per avere risposte definitive in questo senso".
"Ci sono aziende straniere che si sono già interessate, almeno due - aggiunge in maniera certo non casuale Chiaia -, che stiamo tenendo in stand by. Due realtà manifatturiere, ma solo una parente dell'automotive, mentre l'altra ne è completamente slegata".
Altre manifestazioni di interesse riguardano la palazzina uffici che si affaccia sulla futura piazza Mirafiori, cuore della Zona B. Mentre un'ultima area è per ora libera, la cosiddetta Zona C, ma con gli oneri di urbanizzazione già assolti proprio da TNE. "Ci sono esperienze positive in Europa di aree che si sono rilanciare lungo queste direttive di riqualificazione - dice l'amministratore unico - da Coventry a Rotterdam, fino a Stoccarda, dove proprio l'automotive è di casa".
Dovrebbe mantenere la sua vocazione aeronautica l'ex aeroporto di Torino (il campo volo di Collegno, appunto), dopo che è stata declinata l'ipotesi dell'area test per la guida autonoma che proprio Torino (e l'assessora Pisano soprattutto) sta abbracciando come prospettiva. "Stanno interessandosi all'area C di Mirafiori, ma i costi non paiono compatibili con l'utilizzo che né vogliono fare".
Intanto va in archivio la gestione in comodato gratuito da parte dell'Aero club. "Faremo un nuovo bando per trovare una nuova valorizzazione dell'area, intanto continuiamo a pagare oneri e tasse al Comune di Collegno, come se gli hangar fossero garage nel centro di Milano".
Suggestiva l'idea di un'area droni ("Amazon sta ragionando negli Usa su droni di diversi metri di diametro, che non possono atterrare su un balcone"), ma anche ipotesi legate alla protezione civile, dagli elicotteri ai Canad Air, con una grande vicinanza ai laghi di Avigliana. Oppure meteorologia, avionica e in parte aeronautica".
"Aero Club potrebbe diventare uno dei futuri ospiti, ma accanto alla grande passione e cura dell'area non possono abbinare un'ottica di business - conclude Chiaia -. Se non trovassimo interlocutori, potremmo anche in questo caso muoverci da soli".
"Ora la priorità è condurre la società fuori dal concordato, dunque cedendo alcuni asset. Ma quello che rimarrà, dovrà servire a tenere i bilanci quantomeno in pari", dice ancora Chiaia.
Ma cosa è successo in questi quasi 15 anni di storia, in quella zona di Torino diventata un buco nero di risorse, ma anche idee e scenari?
"C'è stata una prima fase di grande slancio ed entusiasmo - commenta Chiaia - poi la grande crisi immobiliare del 2008-2009 ha raffreddato la situazione e anche le esigenze produttive di FCA si sono ridimensionate. Fino al 2015 dunque lo stand by della società non ha portato a operazioni, ma sono lievitati costi per una società che ha costi fissi e soprattutto fiscali nei confronti di enti pubblici. Si è dunque accumulato un debito, ma dal 2015 con NovaCoop, Tecnocad e la bonifica della zona C hanno rianimato la situazione, con entrate di cassa, ma non sufficienti a ripianare le cose".
Dunque il concordato per dribblare il fallimento. E, ora, la voglia di ripartire.