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Economia e lavoro | 24 settembre 2019, 20:35

Stipendi a Torino: l'aumento rispetto al 2018 è stato del 2% (VIDEO)

Lo rivela l'Indagine retributiva 2019 dell'Unione Industriale. Il dato sale al +2,9% se si considerano altri benefit e il welfare, sempre più importante nel comporre la retribuzione. Aumenta anche la flessibilità e le assenze restano ai minimi. Gherzi: "Dobbiamo aumentare la componente variabile legata a premi e risultati. Dal 20% non possiamo arrivare a meno del 30%"

Stipendi a Torino: l'aumento rispetto al 2018 è stato del 2% (VIDEO)

Parte fissa e parte variabile, welfare aziendale, benefit e nuove forme di flessibilità. Il mondo del lavoro torinese si guarda allo specchio e scopre tracce di evidente modernità, che si mescolano e si accompagnano ai numeri statistici.

Proprio quei numeri che vedono in 29.550 euro lordi all'anno la retribuzione media di un operaio, mentre per gli impiegati la quota sale a 39.218. Per i quadri la somma è di 69.100 fino ad arrivare ai dirigenti, che si attestano sui 127.800. Sono queste solo alcune delle cifre contenute all'interno dell'Indagine Retributiva 2019, una Mappa degli stipendi del nostro territorio che ha elaborato l'Unione Industriale di Torino. Dati medi, ovviamente, con tutti i limiti di analisi che comportano, ma che aiutano a dare un'idea. A chi lavora, ma anche a chi dà lavoro, che in questa maniera può valutare quanto competitiva è la propria offerta, soprattutto quando si parla di risorse di qualità e che si vogliono tenere strette.

Ma sono altri due i numeri che aiutano a leggere ancora meglio la situazione, a Torino e provincia: quello che quantifica nel 2% l'aumento medio realizzato rispetto al 2018 per quanto riguarda la componente retributiva. "Ma che sale a 2,9% del budget aziendale se si amplia il ragionamento anche ad altre voci come i benefit, il welfare aziendale e così via", spiega Ivan Sinis, responsabile del servizio Economia e Lavoro dell'Unione Industriale di Torino.

Sul tavolo, tuttavia, resta un ragionamento di fondo: il peso della componente variabile rispetto alla retribuzione dei dipendenti. Si parla di circa il 20% del totale, una quota che, come spiega il direttore dell'Unione Industriale, Giuseppe Gherzi, "dovrebbe salire almeno al 30%". "Dobbiamo puntare sempre di più a una retribuzione che abbia un peso maggiore a livello locale, se non aziendale e sempre meno a livello nazionale". Solo così, spiegano, è possibile premiare il merito e riconoscere incrementi ai migliori elementi che si vuole tenere con sé. 
In parallelo, poi, corre il tema del cuneo fiscale: "Resta enorme - prosegue Gherzi - la differenza tra il costo del lavoro per l'azienda e la somma che arriva davvero in tasca al lavoratore: è indispensabile intervenire per limare questa distanza. Il salario minimo legale, se usato per ridurre questo gap, ha un senso. Diversamente no".

E parlando di modernità, un altro elemento emergente è quello legato al welfare aziendale: l'80% delle aziende torinesi adotta almeno uno strumento al proprio interno, in un mix di benefit che arriva a pesare fino al 2,7% del budget aziendale. Tra gli strumenti preferiti ci sono l'assistenza sanitaria, la previdenza complementare, ma anche le mense aziendali (la variabile che forse assorbe la maggior parte delle risorse), quindi pc, altri tipi di benefit e carte di credito. 

Interessante anche l'aspetto della flessibilità. Sono ormai il 19,3% le aziende che applicano forme di smart working. Un processo, dunque, che non è più estemporaneo e legato ad accordi con i singoli dipendenti, ma che sta assumendo contorni aziendali e dunque più strutturati.

"Con questi numeri possiamo valutare al meglio le potenzialità di crescita delle nostre aziende - commenta il presidente del Gruppo Giovani dell'Unione industriale di Torino, Alberto Lazzaro -, ma ci aiutano anche a comprendere e valutare il benessere dei nostri collaboratori, potendolo confrontare con le aziende concorrenti". "Ogni giorno, infatti - prosegue - cerchiamo di valorizzare pagando di più le nostre risorse chiave: ridurre il costo del lavoro è necessario per rendere migliore la qualità della vita ai nostri collaboratori, dando riconoscimento al merito".

Inoltre, tra le aziende torinesi, spicca anche una situazione positiva per quanto riguarda l'orario di lavoro. Le assenze per malattie, per infortunio, per maternità o permessi non retribuiti rappresentano infatti il 6% del totale. "Un dato assolutamente positivo e fisiologico - dice ancora Sinis - e in cui la componente della malattia incide per il 50%". 

Sulle differenze di genere, infine, resta una distanza tra uomo e donna. Ma non è più un elemento assoluto ed è generalmente in riduzione. "Dipende dalle singole aree - spiega ancora Sinis -. Per esempio nelle risorse umane il divario è ribaltato a favore delle donne, ma anche nella ricerca e sviluppo. O comunque uomo e donna sono alla pari. In altre aree invece, come la produzione, il gap è ancora a favore degli uomini ed è pari in media al 9-10%".

Massimiliano Sciullo

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