Numeri da capogiro, per le aziende piemontesi nel 2019. O forse sarebbe meglio dire da "vertigine", perché alla conta - con 1.517 attività in meno nel corso degli ultimi dodici mesi - è soprattutto il senso di vuoto, quello che affiora. Le cifre emergono dall'analisi che Unioncamere Piemonte ha fatto tramite il Registro: a fronte di quasi 26mila nuove aziende nate (25.972 per l'esattezza, più delle 24.156 dell'anno precedente), in tutto il Piemonte hanno chiuso in 27.489. E il saldo è in profondo rosso, registrando uno stock totale di 428.457 unità ancora attive.
Il bilancio tra nuove iscrizioni e cessazioni si traduce in un tasso di crescita del -0,35%, in controtendenza rispetto alla media italiana del 2019, che per quanto debole è stata comunque positiva per uno 0,44%. Tra le regioni, la crescita più sensibile in termini assoluti si registra, ancora una volta, nel Lazio (con 9.206 imprese in più rispetto al 2018, corrispondenti a un tasso di crescita dell’1,4%, il migliore tra le regioni), seguito da Campania (5.746) e Lombardia (+5.073). Sul fronte opposto, oltre al Piemonte (-1.517), sono Emilia-Romagna (-1.431) e Marche (-909) le regioni che hanno fatto segnare le contrazioni più evidenti. Mentre, in termini percentuali, a segnare maggiormente il passo è stato il Friuli Venezia Giulia (-0,7%).
"Il tasso di crescita delle imprese piemontesi è ancora negativo, e soprattutto in controtendenza rispetto al dato italiano - commenta Vincenzo Ilotte, presidente Unioncamere Piemonte -. L’ossatura del sistema produttivo regionale continua, infatti, ad essere costituita soprattutto da aziende di piccole e medie dimensioni, pur ospitando anche realtà più grandi: sicuramente la frammentazione produttiva non ha aiutato le imprese del territorio a resistere al meglio alle prolungate difficoltà".
Si conferma la difficoltà soprattutto per le società di persone (-2,19%) e per le ditte individuali (-0,56%), mentre sono le società di capitale a tenere la rotta con un +2,58%. Tra i settori, mentre i servizi e il turismo danno segnali positivi (rispettivamente +1,44 e +0,51%), a soffrire sono soprattutto l'agricoltura (-1,76%) e il commercio: un -1,60% a conferma della necessità di quel Tavolo di Crisi che proprio questa mattina è stato convocato, per quanto riguarda Torino, dall'assessore comunale Alberto Sacco. Male anche l'industria (-1,19%) e non sorridono le costruzioni (-0,38%).
Male anche l'artigianato, con un calo dello 0,51%. “I numeri non sono opinioni, e quando si leggono le cifre in continua flessione che riguardano il numero di imprese artigiane del nostro territorio – commenta Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino – vorremmo che la politica e le istituzioni ci fornissero proposte concrete per arginare questo continuo stillicidio. Quando una multinazionale decide di chiudere uno stabilimento sul nostro territorio assistiamo a prese di posizione, ordini del giorno, manifestazioni davanti ai cancelli. Giusto, perché ogni fabbrica che chiude sono centinaia di famiglie private del futuro. Ma altrettanta attenzione dovrebbe essere riservata alla galassia delle piccole imprese che chiudono i battenti. 229 unità produttive in meno a Torino è come se chiudesse un’azienda. Centinaia di artigiani che non ce la fanno vuol dire centinaia di lavoratori che restano senza occupazione e centinaia famiglie che non possono più contare su uno stipendio. Intere filiere che scompaiono, mettendo in crisi l’indotto con una ricaduta drammatica sul territorio. Vorremmo che anche su questo la politica e le istituzioni ritrovassero la voce, non solo quando è in gioco il destino di una grande o piccola fabbrica".