Anaao Assomed, assieme ad altre sigle sindacali di base, rivendica la mancata adesione all’accordo sulla suddivisione tra dirigenza e comparto delle risorse nazionali ed aggiuntive regionali in favore del personale della sanità impegnato nell’emergenza Covid-19.
"Il Piemonte è stata la seconda Regione italiana maggiormente coinvolta nell’emergenza epidemiologica ma quella, tra le principali regioni del Nord, con una premialità pro-capite per dirigente sanitario minore: 1179 euro contro i 1262 dell'Emilia, i 1604 della Lombardia e i 2078 del Veneto", viene sottolineato in una nota.
"L’Assessorato ha concordato la suddivisione della premialità Covid senza la firma della maggioranza dei dirigenti medici e sanitari ed ora, a meno di nuove aperture regionali e disponibilità economiche, il confronto sui criteri di distribuzione proseguirà senza di noi ma con i soli Confederati, che però non rappresentano più del 14% dei dirigenti", accusa Anaao Assomed.
"Sia l’ammontare della cifra totale che la decisione della Regione di coinvolgere tutte le figure professionali nella suddivisione dei fondi, ci ha trovato in totale disaccordo: rivendichiamo il rischio corso dai medici e dirigenti sanitari per gestire l’emergenza, il loro ruolo e la loro professionalità. Non possiamo svendere la dignità professionale della dirigenza medica e sanitaria proseguendo in un accordo che di fatto sminuisce il nostro lavoro e che non ha accolto, fin dall’inizio, le istanze delle maggiori rappresentanze sindacali".
"E’ necessario che la Regione e l’Assessorato prendano atto che si procederà a distribuire i fondi senza la condivisione dei criteri con le Rappresentanze Sindacali dell’86% dei dirigenti medici e sanitari", conclude Anaao Assomed. "Se l’Assessorato ha deciso senza di noi, prosegua nella scelta dei criteri di distribuzione delle risorse senza di noi, prendendosi la responsabilità delle scelte di fronte ai dirigenti della sanità piemontese".
"Spiace rilevare come parte dei sindacati della Dirigenza medica (Anaao Assomed, Cimo-Fesmed, Fassid, Aaroi, Emac, Fvm Anpo, Ascoti, Fials Medici) persistano in una posizione pretestuosa che non rende giustizia alla realtà dei fatti e che finisce col porli in una situazione di imbarazzante contrapposizione nei confronti degli altri lavoratori impegnati nella stessa emergenza", ha replicato l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi.
"Occorre ribadire che l’iniziale ripartizione delle risorse aggiuntive è avvenuta in base alla proporzione numerica tra i lavoratori del Comparto (che sono l’80 per cento del personale del Servizio sanitario regionale) e della Dirigenza (il 20 per cento del personale complessivo), già riconoscendo a questi ultimi una quota del 25 per cento, come ragionevole via intermedia rispetto alla loro pretesa di ottenere oltre il 30 per cento delle risorse. Non c’è stato, quindi, nessun svilimento della professione medica, semmai una legittima equiparazione della dignità di tutti i lavoratori, infermieri e medici".
"I sindacati di parte maggioritaria della Dirigenza avrebbero, curiosamente, voluto condurre la trattativa al netto delle tasse, cioè ottenere di più in quanto guadagnano di più e quindi pagano più tasse, disconoscendo il sacrosanto principio della progressività della tassazione, sancito dalla Costituzione. Quanto al Veneto, è necessario informare che l’accordo ha distinto la distribuzione delle risorse per la Dirigenza in tre fasce, da 500 a 2000 euro e non certo in una sola al massimo del valore".
"I conti vanno fatti correttamente e non distorti per avvalorare tesi insostenibili", ha concluso Icardi.