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Cultura e spettacoli | 03 novembre 2020, 20:31

Mummie “fulatune” e faraoni “baròt”: il Museo Egizio racconta la sua storia in piemontese

Otto le clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”, in collaborazione col Centro Studi Piemontesi e patrocinate dalla Regione Piemonte. Il primo video vede protagonista la provincia di Cuneo

Mummie “fulatune” e faraoni “baròt”: il Museo Egizio racconta la sua storia in piemontese

Riscoprire le proprie radici attraverso l’idioma tipico del tempo in cui tutto ebbe inizio. È così che il Museo Egizio di Torino, in vista delle celebrazioni per i suoi 200 anni di vita, ha scelto di onorare il territorio che gli fa da casa dal lontano 1824, presentando il progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”. Un’iniziativa, realizzata in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi e patrocinata dalla Regione Piemonte, che letteralmente ridà voce, con la parlata dialettale di quell’epoca, ad alcune delle più autorevoli figure del passato. 

Il contenuto sono otto clip video, dedicate ciascuna a una provincia sabauda, che ripercorrono avvenimenti, tappe e personaggi legati a una delle collezioni di antichità più prestigiose al mondo. Sarà quindi possibile ascoltare, in perfetto piemontese (ma con i sottotitoli), le vicende di Bernardino Drovetti nel video dedicato alla provincia di Torino, quelle del casalese Carlo Vidua per la provincia di Alessandria, conoscere l’astigiano Leonetto Ottolenghi, il biellese Ernesto Schiapparelli, per la provincia di Cuneo il monregalese Giulio Cordero di San Quintino, per quella di Novara Stefano Molli, natio di Borgomanero, mentre la provincia di Vercelli sarà rappresentata da Virginio Rosa, e quella del Verbano Cusio Ossola da Giuseppe Botti.

Come Centro Studi - spiega la direttrice Albina Malerba - siamo depositari e promotori di una lingua capace di indiscutibile forza espressiva e creativa, e dunque non diminutivamente confinabile nell’esercizio di un quotidiano e purtroppo sempre più povero parlare. Per i testi del progetto, abbiamo optato per il piemontese di koinè, cioè quello della tradizione letteraria scritta, e anche parlata nel capoluog, che tuttavia non rinuncia ad accogliere apporti di altre realtà più periferiche. Una soluzione ragionevolmente obbligata, che certo non sottovaluta le singole e plurime parlate del Piemonte, ma consente una più ampia e comune comprensibilità”.

Nell’assolvere al nostro ruolo di custodi di un patrimonio culturale che appartiene all’umanità intera - spiega la presidente del Museo Egizio Evelina Christillin -, abbiamo al contempo il dovere e l’onore di valorizzare il legame che ci unisce a Torino e alla Regione Piemonte, di cui siamo ambasciatori nel mondo. In virtù delle nostre antiche origini, siamo quindi orgogliosi di far parte della storia del Piemonte e di rappresentare un punto di riferimento per la sua gente”.

Nel corso dei mesi di novembre e dicembre, ogni martedì, con cadenza settimanale, il canale YouTube del Museo Egizio proporrà così queste otto storie esclusive, offrendo al pubblico l’opportunità di riscoprire il dialetto piemontese quale patrimonio linguistico accessibile, ridando vigore e dignità alla cultura regionale.

Ciascuno degli otto racconti si fonda su notizie documentate e accertate, seppur restituite da una narrazione creativa, non inverosimile, con l’intento di accompagnare i fatti reali ai sentimenti, alle ambizioni e allo spirito di uomini che guardarono allo studio, alla scoperta e alla cultura come uniche vie di arricchimento e crescita della società.

Il medesimo approccio ha guidato anche la scelta della colonna sonora: si tratta della Danza Piemontese op. 31 di Leone Sinigaglia (1868-1944), altro illustre piemontese, nell’esecuzione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino.

Nel cinquantesimo anniversario delle identità regionali - hanno commentato il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore alla cultura Vittoria Poggio - siamo orgogliosi di aver sostenuto questa iniziativa geniale e pedagogica, quando ricorda che la nostra terra custodisce beni materiali di inestimabile valore ma anche immateriali come quello dell’antico idioma che parlavano i nostri antenati. C’è, tuttavia, un significato ulteriore che segna il passo di iniziative come questa che coincidono con il «senso della continuità» e la voglia di «proseguire» per portare a termine un progetto, un’idea un programma che non si fermano neppure di fronte alla pandemia trasformando così le insidie della condizione umana in opportunità”. 

Manuela Marascio

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