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Cultura e spettacoli | 30 novembre 2020, 08:00

Dodici brani per dodici poesie: così i versi di Ivan Fassio continuano a vivere in musica

Pubblicato il disco "I corpi del culto", da un'idea del compositore torinese Andrea Cavallo, che offre una selezione di liriche tratte dall'ultimo libro edito dallo scrittore prima di morire

Dodici brani per dodici poesie: così i versi di Ivan Fassio continuano a vivere in musica

L’arte come veicolo di comunicazione e contatto in un periodo di mancati legami e relazioni distanti. Nasce così, nel pieno del primo lockdown, “I corpi del culto”, da un’idea del pianista e compositore torinese Andrea Cavallo in collaborazione con lo scrittore, curatore e critico d’arte Ivan Fassio, recentemente scomparso a seguito di una grave malattia, all’età di 41 anni. Originario di Asti, e da sempre organizzatore di manifestazioni artistiche e letterarie, dal 2017 Fassio ha gestito Spazio Parentesi a Torino, libero luogo di esposizione, condivisione e presentazione di progetti artistici e letterari contemporanei. Collaboratore delle versioni cartacee e digitali di Exibart, Juliet Art Magazine, Verso l'Arte, AR?, ArticoloTre, Canale Arte, Neutopia, Protagonisti Piemonte, Fassio era un artista a tutto tondo, a capo di numerose iniziative per gallerie di Torino, Asti e Genova.

Quest’ultimo lavoro rappresenta quindi un suo prezioso lascito, un dono ai posteri dell’intensità dei suoi versi così magistralmente adagiati su tappeto sonoro. In momenti e luoghi diversi, ciascuno a casa propria, i due artisti hanno performato e inciso le poesie contenute nel volume “Il culto dei corpi”, pubblicato da Fassio a febbraio 2020 per Rainieri Vivaldelli. Il risultato è un lavoro speculare e complementare di versi e note, un disco in cui la voce si unisce alla musica, muovendosi su scenografie sonore improvvisate.

Lavoravamo insieme, sul palcoscenico, da tanto tempo – racconta Cavallo -. Ci siamo conosciuti alla fine del 2015, nel corso di una serata di poesie open mic, dove io ero pianista residente. I poeti si alternavano in scena e mi davano indicazioni al volo su quanto avrebbero letto, e io, a mia volta, sottolineavo determinati passi dei loro testi al pianoforte. Ivan mi aveva particolarmente colpito, e da lì abbiamo iniziato a collaborare, proponendo anche uno spettacolo tutto nostro, Filtr-azioni, che è andato in scena diverse volte”.

Dopo aver fatto parte di varie band giovanili, Cavallo ha forma nel 1995 i Contrappunto, gruppo progressive rock. In seguito ha scelto di dedicarsi solo al pianoforte registrando una serie di concerti dal vivo, da cui è scaturita la pubblicazione di un live in piano solo, “Racconti piano e forte” (Eroica Classical Recordings, 2008). Nel 2010 ha pubblicato il libro di critica musicale “51 Dischi per vivere meglio” (Ananke). Importante anche la collaborazione con la produzione tra il magazine finlandese Colossus e la casa discografica francese Musea, in relazione ad alcune compilation, cui l'artista ha collaborato con composizioni pianistiche.

Con lo scoppio della pandemia – prosegue Cavallo – è stato impossibile portare avanti le presentazioni del volume. Quindi ho proposto a Ivan di creare qualcosa di nuovo: un brano inciso per ogni poesia scelta dal libro, fino a comporre un vero e proprio disco. In contrapposizione all’attività dal vivo, in cui lavoravamo in sincrono, sul disco le tracce si alternano, prima la poesia e poi la musica, per un totale di dodici liriche. Una complementarietà ben suggerita anche dal titolo, a termini invertiti rispetto a quello del libro”.

Oltre a questi dodici pezzi, l’album si apre con un proemio musicale, senza indicazione di testo, improvvisato, e si chiude con una poesia inedita, non presente nel “Culto dei corpi”. Rimasto incompiuto a causa della scomparsa di Fassio, il progetto è stato concluso seguendo le sue disposizioni, con la richiesta agli amici e artisti Davide Bava e Maria Messina di dare voce alle ultime due tracce rimaste in sospeso.

Il lavoro sul palco è molto diverso da quello in studio, per di più a distanza – spiega Cavallo -. In scena mi interessano molto le pause, la velocità, il tono di voce del performer, il crescendo e il diminuendo. In studio si ha davanti la pagina e basta, resta solo il testo. Quindi leggo e rileggo, aspettando che mi venga un’idea da collegare a quelle parole, poi mi siedo al piano e compongo”.

Ivan – prosegue - aveva due ambiti di scrittura: quello classico, in versi, e la prosa poetica. Si tratta di testi che graficamente sembrano pagine di un romanzo, poi, leggendoli, ci si accorge che il ritmo e le cadenze sono puramente poetiche, ricordano tanto Rimbaud o Dino Campana. Tendeva a scrivere una poesia confessionale, amava molto Emily Dickinson, mentre per la prosa, più contenutistica, prediligeva espressioni concettuali e filosofiche. Io invece ho una formazione classica, ma provo un amore profondo verso tanti generi diversi tra loro. Ho studiato jazz, ma mi piacciono anche il rock e la musica sperimentale”.

Quando la situazione emergenziale lo permetterà, l’idea è di portare in giro “I corpi del culto”, uscito il 20 settembre, e offrirlo al pubblico in alcune presentazioni live. E provando a sentire Ivan Fassio ancora lì, sul palco, a vivere la sua poesia.

Manuela Marascio

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