Ne rimangono solamente due popolazioni isolate, concentrate in tratti dalla lunghezza di pochi chilometri nel fiume Sesia e alla confluenza tra il fiume Po e il torrente Pellice. A fine 2020 la specie di temolo autoctona del bacino adriatico è stata quindi inserita nella Red List dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), classificata come a ‘fortissimo rischio/in pericolo critico’, il grado precedente a quello di ‘estinto in natura’.
A sottolineare l’urgenza di misure di protezione sui territori che ospitano le ultime due popolazioni è l’Ataai, associazione per la tutela degli ambienti acquatici e l’ittiofauna, con sede a Luserna San Giovanni. Marco Baltieri, segretario dell’associazione, lancia l’allarme: 'I temoli vengono soprannominati ‘The Lady of the Stream’, per la bellezza della loro forma caratterizzata da una pinna dorsale molto lunga. La specie autoctona si trova in forte pericolo e siamo paurosamente in ritardo con le misure di protezione”. Il temolo adriatico era molto diffuso in passato: in Piemonte, ad esempio, dal Pesio al Ticino, era uno dei pesci più presenti nei corsi d’acqua di fondovalle. “Ora, una delle ultime due popolazioni è concentrata nel tratto del torrente Pellice che va dal ponte tra Vigone e Villafranca fino alla confluenza, e in un tratto del Po, per un totale di 10 chilometri circa” aggiunge Baltieri.
La sopravvivenza del pesce è messa in pericolo soprattutto dalla predazione dei cormorani: “Si tratta infatti uccelli assenti dai nostri fiumi fino al 2000 ma la cui popolazione è aumentata enormemente negli anni successivi. Non è una specie originaria di questi luoghi: dalle zone marine ha raggiunto la pianura Padana solo recentemente” spiega Baltieri. L’associazione chiede quindi che vengano messe in campo misure di contenimento della popolazione di cormorani: “Negli anni passati sono stati sperimentati segnali sonori che potessero disturbarli durante la predazione, come spari e petardi, ma non sono stati efficaci e potrebbero rivelarsi dannosi per altri animali”.
Un’altra priorità individuata da Ataai è evitare l’introduzione dell’alloctono Thymallus thymallus, atlantico o danubiano, per non causare inquinamento genetico: “Introdurre pesci che arrivano da altri bacini idrografici vorrebbe dire perdere la caratterizzazione genetica e, inoltre, non sarebbero adatti a vivere in questi ambienti”. Tra gli interventi che possono agevolare la sopravvivenza del temolo adriatico c’è anche la ricostruzione della continuità fluviale e di habitat specifici della specie, la tutela della portata dei corsi d’acqua con la diminuzione dei prelievi e il contrasto ai cambiamenti climatici. “Chiediamo alle autorità competenti a livello statale, regionale e provinciale, tempi brevi per misure concrete ed efficaci al fine di evitare la scomparsa di questa specie il cui valore per il nostro territorio è inestimabile – rimarca Baltieri –. La nostra associazione è pronta per sostenere le iniziative che verranno intraprese”.
In particolare Ataai si rende disponibile a condurre esperimenti di riproduzione artificiale del temolo per contribuire all’aumento della popolazione: “Potremmo svolgerli all’incubatoio ittico di valle di Luserna San Giovanni per immettere poi i nuovi nati in acqua”.