Il testo racconta di un farmacista stravagante, capace di trovare la soluzione a ogni "problema", anche a quelli dell'anima. Una canzone ironica, per sdrammatizzare la situazione drammatica che stiamo vivendo da un anno a questa parte quella cantata da Max Gazzè che a Sanremo a presentato "Il farmacista" con una band creata ad hoc, Trifluoperazina Monstery Band.
Peccato che la canzone, o meglio il paragone con la sua categoria, non sia piaciuta per nulla a Gianluigi Scala, titolare di una farmacia nel centro storico di Chivasso. Dopo l'esibizione del cantautore ha scritto una lettera aperta al cantautore per raccontare chi è, nella vita reale, un farmacista. Soprattutto cos'ha fatto e cosa fa durante questo lungo periodo di emergenza sanitaria.
"Devo confessarle che, incuriosito dal titolo, ho ricercato le parole della sua composizione - esordisce Scala - e ho trovato un testo sicuramente sarcastico e allegramente musicato".
Il problema, a sua detta, è il fatto che la figura del farmacista venga associata alla figura di un "propinatore di facili soluzioni per qualsivoglia imperfezione".
"Certamente il suo è un testo ironico - aggiunge - ma il tutto viene fatto citando la professione che esercito da oltre quarant’anni. Mi creda, noi non siamo quelli che hanno la verità in tasca".
"Molti colleghi sono morti a causa del virus"
Quindi racconta come lui lavora ogni giorno da un anno a questa parte. "Come i miei colleghi ogni giorno, da dietro al banco delle farmacie, tentiamo di aiutare le persone che vengono da noi, offrendo consigli ma soprattutto ascoltando - scrive -. E lo abbiamo fatto quotidianamente anche in questo anno difficile di pandemia. Lo abbiamo fatto accogliendo tutti e rassicurando tutti anche quando i medici di famiglia erano oberati di richieste e i pronto soccorso un luogo divenuto molto pericoloso nell’immaginario collettivo. Noi siamo rimasti in farmacia, anche quando le mascherine erano introvabili e abbiamo offerto quello che la nostra laurea ci ha dato modo di dare ai nostri clienti".
Sostiene di essere rimasto in farmacia a "rischio della vita". "Purtroppo sono molti i colleghi morti perché contagiati dal virus, mentre lavoravano nelle loro farmacie".
In sostanza considera la canzone di Gazzè una mancanza di rispetto. "Non me ne voglia, ma non mi ritrovo affatto raffigurato da quel soggetto disegnato nella sua canzone, che declama per ogni evenienza e quindi non comprendo il titolo della sua lirica che avrei preferito facesse riferimento ad un ipotetico e variopinto inventore chimico, ma - conclude - non al farmacista".