Nell’ultimo mezzo secolo sono cambiati drasticamente i nostri gusti alimentari: le nostre papille gustative si sono “atrofizzate” e abituate ai sapori poco naturali dei cibi raffinati, trasformati e processati.
Non siamo più abituati ai sapori originari del cibo, a cui associamo solo più due gusti: il dolce e il salato. Il cibo, per soddisfarci, deve essere “bello”, “accattivante”, abbondante e a basso costo. Non ci interessa quanti nutrienti contiene, non leggiamo gli ingredienti, ma ci limitiamo a scegliere il prodotto in base allo sconto, allo slogan, al colore della confezione, alla pubblicità del momento. Il fatto è che l’industrializzazione dell’agricoltura e dell’allevamento intensivo ha trasformato il nostro cibo privandolo di molti componenti nutrizionali importanti, tra cui: la fibra.
Quando parliamo di raffinazione non possiamo non citare la farina con cui vengono realizzati pane, pasta, pizza, dolci. La farina raffinata si ottiene dal processo di molitura del seme del cereale a cui vengono sottratte due componenti nutritive ricche di principi vitali: la crusca (che contiene fibra e vitamine del gruppo B), costituente la parte esterna, e il germe (che contiene oli polinsaturi, vitamine, minerali), nella parte interna del chicco. La farina bianca negli ultimi decenni ha quasi del tutto soppiantato quella integrale, perdendo quindi le caratteristiche nutrizionali, che la rendevano un piatto forte della “dieta mediterranea”.
La farina bianca ha una migliore resa a livello industriale: la raffinazione accorcia i tempi di lavorazione e ne migliora la conservabilità (il germe viene infatti totalmente eliminato perché, contenendo lipidi, renderebbe molto breve il termine di scadenza della farina a causa dell’irrancidimento dei grassi), ed infine, non contenendo fibra, sazia di meno, per cui ne fa automaticamente aumentare il consumo, quindi la richiesta.
Il processo di eliminazione della crusca e del germe si chiama processo di abburattamento (che è un sinonimo di setacciatura) e, a seconda del suo grado, si ottengono farine più o meno raffinate. In pratica, più la farina è setacciata, più risulta raffinata, bianca, impalpabile, ricca di amido e povera di fibre e di sali minerali. Il problema è che durante il processo di raffinazione viene eliminata un’alta percentuale di vitamine del gruppo B, la vit. E, oltre a minerali come calcio, fosforo, magnesio, ferro, zinco, potassio, manganese.
La verità è che, se la materia prima viene privata, attraverso la raffinazione, di importanti bioattivi e quindi subisce una riduzione del proprio “corredo nutritivo”, il prodotto finale non potrà che contenere una quantità minima di micronutrienti, rispetto allo stesso alimento grezzo. Non dobbiamo però fare l’errore di limitarci a considerare la cosa solo da un punto di vista della carenza dei nutrienti, ma dobbiamo valutare anche il fatto che una farina raffinata che finisce sulle nostre tavole, sotto forma di pane, pasta e dolci, avrà un effetto negativo anche all’interno del nostro organismo, perché ha un indice glicemico molto alto.
Questo comporta un inevitabile aumento della glicemia nel sangue e una eccessiva produzione di insulina, l’ormone che regola il metabolismo del glucosio e che stimola la lipogenesi. Viene inibito il glucagone (ormone che favorisce il consumo dei grassi e degli zuccheri).
Viene inibito l’ormone della crescita, quello che favorisce l’aumento della massa muscolare. A sua volta, la diminuzione della massa muscolare comporta un rallentamento del metabolismo basale e quindi una maggiore difficoltà all’impiego dei grassi a scopo energetico. Ma non solo, perché aumenta anche la sensazione di fame a causa del calo di glicemia nel sangue, conseguente al picco di insulina, instaurandosi la cosiddetta “fame nervosa” che ci spinge a ricercare in modo famelico nuovamente questo cibo iponutriente e ipercalorico, imbrigliandoci in un circolo vizioso molto pericoloso.
Paradossalmente, proprio questa tipologia di alimenti ipercalorici, perché raffinati, apporta all’organismo delle “calorie vuote”, in quanto calorie di alimenti poveri quindi “vuoti” di micronutrienti come le vitamine, i sali minerali e gli oligoelementi. Una caloria vuota è quindi identica ad una caloria tradizionale: apporta la stessa energia, ma è tendenzialmente poco salutare, perché non solo non reca nutrimento alla cellula, ma addirittura la stressa. L’eccesso di farine raffinate fa ingrassare e, bloccando il metabolismo, impedisce l’utilizzo dei grassi che rimarranno bloccati, a loro volta, nel tessuto adiposo.
Assumendo calorie vuote, avrete sempre fame, mangerete di più e in modo disordinato, vi sentirete di cattivo umore, mentre i sensi di colpa cresceranno al pari dei vostri chili, quasi sempre depositati come grasso addominale.
Purtroppo il nostro stile di vita ci porta a correre dietro a una miriade di impegni che non ci permettono di fermarci e ci spingono a scegliere e comprare cibo pronto, precotto e di veloce utilizzo, proprio come le farine raffinate. La farina raffinata infatti è più pratica e veloce da lavorare: chi ha provato ad impastare la farina integrale per fare il pane o la pasta in casa sa come sia difficile “legare” l’impasto e allora, per facilitare l’operazione, viene aggiunta della farina bianca che fa da collante.
La farina bianca è una vera e propria colla. Pensate che veniva usata, sciolta in acqua, per attaccare i manifesti o per rilegare i testi antichi. Questa sua caratteristica la rende alquanto nociva per il nostro intestino, soprattutto per il colon dove forma degli “strati collosi” che col tempo possono diventare incrostazioni e restringere il passaggio intestinale.
Le mucose si infiammano, si altera la loro funzionalità, diventano porose permettendo l’ingresso nel circolo ematico di sostanze tossiche, parassiti o particelle di cibo indigerito. Residui mal digeriti possono alterare la permeabilità selettiva propria della mucosa intestinale entrando in contatto, a livello della sottomucosa, con le stazioni linfonodali. È questo il trigger per l’innesco di malattie atopiche, infiammatorie e autoimmuni in soggetti geneticamente predisposti. I grossi frammenti proteici (peptidi) prodotti da questa digestione parziale sarebbero in grado di “allentare” le giunzioni serrate (tight junctions) che tengono unite le cellule della mucosa intestinale le une alle altre.
Questa condizione passa sotto il nome di “sindrome dell’intestino permeabile” e si associa a disbiosi intestinale. La sindrome dell’intestino permeabile permette il passaggio, attraverso la circolazione ematica, dei peptidi che possono raggiungere e alterare anche il Sistema Nervoso Centrale. Insomma, capite quanto è limitante associare questa tipologia di alimenti solo a una questione di calorie e di aumento di peso? Le fibre sono importantissime per la nostra salute cellulare.
Quando parlo di fibre contenute nelle farine integrali mi riferisco anche a una particolare fibra di cui si parla poco: i betaglucani. I beta-glucani sono fibre polisaccaridi presenti nelle pareti cellulari della crusca dei chicchi di cereale, soprattutto nell'orzo e nell'avena e nella segale, ma anche nei funghi, nei licheni e nelle alghe. Sono potenti bioattivi a cui sono stati riconosciuti ufficialmente diverse azioni terapeutiche tra cui la modulazione del sistema immunitario, la regolazione e l’assorbimento dei grassi e degli zuccheri a livello intestinale.
Svolgono una potente azione antinfiammatoria sulle mucose gastroenteriche. Inducono una migliore risposta insulinica, riducendo l’accumulo di grasso nella zona addominale. Come tutte le fibre, i Beta-glucani mantengono in salute il nostro Microbiota, l'importante barriera immunitaria contro i principali agenti patogeni esterni.
In qualità di fibra alimentare, i beta-glucani di orzo e avena contribuiscono al mantenimento della salute gastrointestinale, aumentando la massa fecale e stimolando la peristalsi. E’ stata riconosciuta loro la capacità di ridurre i livelli di LDL nel sangue e del picco glicemico post prandiale (dopo pranzo).
Allora, quando potete, scegliete la farina integrale preferibilmente di produzioni biologiche, perché a minor rischio di residui di fitofarmaci. Provate anche ad alternare diverse farine, perché ogni cereale ha le sue particolari caratteristiche nutrizionali che lo rendono unico rispetto agli altri, in particolare le farine di segale, grano saraceno, farro, orzo, teff, canapa.
Attenzione però al “finto pane integrale”: si tratta di pane che in realtà non è stato realizzato con farina integrale, ma con una miscela di farina bianca e crusca. Pertanto avremo il doppio danno: la farina 00 farà aumentare il nostro indice glicemico e la troppa crusca ridurrà l’assorbimento del ferro e del calcio.
E’ fondamentale imparare a fare la spesa, leggendo sempre le etichette, anche se acquistiamo cibi biologici. Se sulla confezione c’è scritto “farina integrale” e poi viene specificato negli ingredienti: farina di frumento e crusca, si tratta di una falsa farina integrale.
Il pane integrale presenta un colore uniforme e scuro. Se invece è chiaro con dei puntini scuri, allora significa che è stata utilizzata una farina bianca (raffinata) a cui è stata aggiunta la crusca (i puntini scuri). Molto spesso mi chiedete se le vitamine vengono perse nella cottura del pane. Ebbene, a questo proposito devo precisare che non tutte le vitamine reagiscono nello stesso modo.
Ad esempio la riboflavina (vitamina B2) e soprattutto la niacina (vitamina B3, o PP) sono stabili durante la cottura del pane e ne migliorano la digeribilità proteica e glucidica.
La cottura aumenta la biodisponibilità di alcuni nutrienti come il fosforo e lo zinco, mentre il ferro, al contrario, può subire l’ossidazione, che ne diminuisce la biodisponibilità. Per concludere ci tengo a specificare che, nonostante le farine integrali siano alimenti completi da un punto di vista nutrizionale e quindi da preferire, ci sono alcuni casi specifici in cui sono controindicate, come ad esempio, se presenti patologie infiammatorie intestinali.
Quindi come sempre bisogna valutare da persona a persona.














