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Nuove Note | 20 giugno 2021, 08:10

Low Standards, High Fives: atmosfere musicali internazionali e frammenti di realtà

Il loro ultimo Ep How Personality Works è composto da quattro canzoni che parlano di tempi duri, nasi sanguinanti e la fine del mondo così come lo conosciamo

Low Standards, High Fives: atmosfere musicali internazionali e frammenti di realtà

Low Standards, High Fives: atmosfere musicali internazionali e frammenti di realtà

I Low Standards, High Fives nascono nel 2012 nei dintorni di Torino, con la certezza di essere fuori moda e, allo stesso modo, con il desiderio di scrivere canzoni che durino più di un’estate. In questi anni la band ha collaborato con artisti internazionali quali Garrett Klahn e Jonah Matranga e ha suonato con Ratboys, Foxing , Fine Before You Came , Any Other e molti altri. Il loro ultimo Ep How Personality Works è composto da quattro canzoni che parlano di tempi duri, nasi sanguinanti e la fine del mondo così come lo conosciamo. 

Come si sono formati i Low Standards, High Fives e perchè si chiamano così?

È la più banale delle storie e allo stesso tempo la più emozionante, quella di alcuni amici cresciuti all’interno della stessa scena musicale. Ad un certo punto per una serie di coincidenze finiscono per suonare assieme e poi, man mano, per diventare una famiglia. Allo stesso modo anche la scelta del nome segue un canovaccio piuttosto classico, quello di ritrovarsi a pochi giorni dal primo live senza un nome da scrivere sul manifesto della serata. Era parsa la proposta più convincente e tutt’ora pensiamo ci rappresenti, anche se è un nome che si presta facilmente a errori e storpiature.

Cosa influenza la vostra musica e la scrittura dei vostri testi?

Tutti quanti siamo cresciuti con la musica che è arrivata negli anni Novanta e Duemila da oltreoceano. Ci riferiamo all’alternative dei gruppi di Seattle, al punk che girava nelle radio dei college, ma soprattutto all’emo di quando “emo” non era ancora un insulto. Per fare qualche esempio: The Get Up Kids, Texas is The Reason, Promise Ring e anche band italiane come FBYC e Settlefish. Cassette e CD che ci scambiavamo come reliquie. In mezzo a questo puoi trovarci influenze disparate che arrivano da ogni altra cosa che ascoltiamo, da ogni concerto che vediamo e anche dalle esperienze che viviamo sulla nostra pelle. Proviamo a mantenere una nostra identità pur muovendoci all’interno dei canoni di un genere ben definito. I testi rappresentano dei frammenti della nostra visione delle relazioni tra le persone, parlano spesso della difficoltà di comunicare e di essere sé stessi. 

How Personality Works è il vostro ultimo Ep, che storia vuole raccontarci?

Abbiamo avuto la fortuna di entrare in studio poco prima dall’inizio della pandemia, quando ancora si poteva suonare tutti insieme in una stanza per poi ammassarsi su un divano ad ascoltare le registrazioni. Alcune settimane dopo le vite di tutti noi sono cambiate. Vorrei dirti che questo disco parla del periodo che abbiamo vissuto in quest’ultimo anno e mezzo, ma sarebbe poco sincero. Ti dirò che probabilmente parla di come eravamo due anni fa e a pensarci bene anche allora la nostra vita non era perfetta. Alcuni di noi uscivano da lutti, relazioni finite, fallimenti. Penso che ognuno possa prendere quello che vuole da un disco e costruirne la sua personale interpretazione. Credo anche che a noi ascoltare questo disco ricorderà sempre che la vita è fatta anche di momenti terribili e che questi momenti si possono superare solo rimanendo uniti. Era così prima ed è così anche adesso. È il senso di comunità a renderci degli esseri umani.

State lavorando a nuovi brani?

Sì, stiamo scrivendo del nuovo materiale e puntiamo a far uscire un nuovo disco non appena possibile, probabilmente alla fine del prossimo anno.

La vostra musica ha un forte respiro internazionale, perché questa scelta?

La scelta dell’inglese è a nostro avviso obbligata per cercare di evocare quel tipo di sonorità che sentiamo legate a questo progetto. È il suono di un non ben definito Midwest, uno scenario geografico ed emotivo che forse non è nemmeno un luogo reale. Forse più un non luogo cresciuto tra pagine dei libri che abbiamo letto, negli angoli delle inquadrature di certi film che abbiamo visto e soprattutto in alcuni passaggi delle canzoni che abbiamo amato. Uno su tutti, l’attacco del primo disco degli American Football.

La vostra Torino musicale e non. 

Torino è una città che quando un amico arriva da fuori, puntualmente dice: sai, ci vivrei volentieri. Per noi che ci siamo cresciuti è un rapporto più difficile, fatto di alti e bassi. Gli alti sono soprattutto legati alla volontà di alcuni singoli individui, ad esempio chi sta dietro a un festival letteralmente incredibile come il TOdays. Oppure chi si prende la briga di cercare di far funzionare dei club che propongono musica dal vivo e cultura anche quando è una scelta impopolare come ad esempio Blah Blah, Ziggy e altri che ormai ci hanno lasciato. In questo momento usciamo da un periodo così difficile che conviene sospendere ogni giudizio, ma ci auguriamo che la voglia di tornare a vivere generi un’ondata di partecipazione ed entusiasmo collettivo, e che questo si rifletta positivamente anche sulla vita musicale della città.

I live sono ufficialmente ricominciati, siete pronti? Potremo sentirvi dal vivo?

Stiamo scaldando i motori. Sabato 10 luglio suoneremo a Spazio211 insieme ai nostri amici KOMET per la festa del TOHorror Fantastic Film Fest. Fate un salto a salutarci e bere una birra con noi: se ci conosciamo già non vediamo l’ora di rivedervi, e se non ci conosciamo meglio ancora.

Federica Monello

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