Confartigianato Torino, attraverso un’indagine interna qualitativa su un campione di associati appartenenti a diverse categorie merceologiche, lancia l’allarme sulla difficoltà a reperire determinati profili professionali, in particolare le figure altamente specializzate, ad esempio nel settore digitale, Itc e edile.
La quota di entrate ritenute difficili da reperire dalle imprese del territorio nostre associate, è più elevata non solo per professioni legate alla gestione della pandemia, ma anche per figure tecniche, specialistiche e operai specializzati.
A scarseggiare sono soprattutto le professionalità del digitale e Ict. È difficile trovare laureati e diplomati adeguati: laureati in ingegneria industriale, in indirizzo scientifico, matematico e fisico, ingegneri elettronici e informatici, diplomati in informatica e telecomunicazioni. Le competenze digitali, al di là delle mansioni svolte e anche per quelle più tradizionali, sono richieste dalla maggioranza delle imprese.
Sul fronte green/sostenibilità ambientale, altro pilastro della futura ripartenza insieme al digitale, le entrate di personale con competenze in questo ambito ritenute difficili da reperire sono in continuo aumento.
L’indagine di Confartigianato Torino evidenzia che si assiste alla mancanza di addetti altamente specializzati come di quelli con poche competenze.
Secondo il sondaggio, scarseggiano anche le figure professionali che lavorano nella ristorazione: cuochi, pizzaioli, ecc. Mancano all’appello anche attrezzisti di macchine utensili, meccanici e montatori, tecnici vendite e distribuzione, autoriparatori, installatori e autisti di mezzi pesanti. Lavori che sembra che nessuno voglia più fare.
Un capitolo a parte merita il settore dell’edilizia. Infatti, la politica di incentivazione fiscale ha trainato la crescita di tutta la filiera attorno alla casa. E ora manca manodopera.
Le assunzioni con maggior difficoltà di reperimento in cima alla classifica: tecnici meccanici, saldatori e tagliatori a fiamma, saldatori e operai specializzati nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici, manovali e addetti ai ponteggi, figure specializzate nella carpenteria e lavorazione del ferro, manodopera nella posa dei cappotti termici, autisti di camion, ecc.
La carenza di figure legate al mondo edile fa sì che non si riesce a far fronte a tutte le richieste, in quanto i tempi per la formazione sono più lunghi delle scadenze che il Governo ha previsto per le detrazioni fiscali legate all’edilizia.
“Va bene la proroga al 2023 del Superbonus 110%, ma non si può aspettare fino all’ultimo giorno le proroghe relative alle altre detrazioni -commenta Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino - Con le scadenze imminenti si rischia solo di incrementare il subappalto a discapito della regolarizzazione del personale, di lavorare con grande fretta e di non poter accogliere tutte le richieste. D’altronde, per formare nuovo personale che sappia lavorare in cantiere ci vuole tempo”.
L’offerta e la domanda, dunque, non si incontrano. Assistiamo al paradosso di un elevato livello di disoccupazione associato alla difficoltà di riempire i posti di lavoro dai quali dipendono la qualità e la sostenibilità della ripresa stessa. “Le competenze che servono sono sempre meno generali e sempre più particolari - riflette De Santis - Le imprese più strutturate stanno investendo nella formazione che riguarda soprattutto il tipo di tecnologia che stanno utilizzando, perché una delle maggiori difficoltà è stata l’integrazione dei software dei diversi macchinari”.
“Per colmare la distanza con l’offerta di lavoro le scuole possono fare molto - continua De Santis - Bisogna intrattener relazioni sistematiche con il territorio, dialogare con le imprese sugli stage, studiare le diverse attività, attraverso i codici Ateco, per strutturare i corsi”.
“L’emergenza manodopera nelle imprese è la conseguenza della scarsa preparazione dei ragazzi al mondo del lavoro - sottolinea De Santis - Due le soluzioni che proponiamo per mantenere allineata la qualità dell’offerta e della domanda di lavoro. La prima è la necessità di rendere lo strumento dell’apprendistato più appetibile dal punto di vista del costo del lavoro a carico dell'impresa, soprattutto al termine del percorso di apprendistato laddove ci sia l’assorbimento in azienda del giovane. La seconda è il consentire la valorizzazione del ruolo del maestro artigiano, l’unico in grado di trasferire al giovane le conoscenze e competenze utili per una corretta qualificazione professionale”.
“L’impresa deve divenire luogo di formazione e apprendimento di nuovi profili con competenze abilitanti - conclude De Santis - perché è attraverso le competenze di questi giovani che possiamo abilitare le nostre imprese all’innovazione e alla trasformazione, facendo diventare loro stessi fattori di trasmissione agli altri nostri collaboratori”.