La Commissione europea si è mantenuta vaga per ciò che riguarda l’applicazione delle sanzioni anti-russe nel caso specifico del gas. Dopo che Mosca ha posto la condizione dell’apertura di un conto in rubli presso la banca del suo colosso energetico Gazprom, i governi europei si sono trovati in dubbio se essere pragmatici oppure seguire slogan e proclami. Quest’ultima variante è stata scelta da Polonia, Bulgaria e Finlandia, che sono così rimaste a secco di combustibile. Francia, Germania, Italia, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia, invece, hanno preferito pensare al fabbisogno attuale e al prossimo inverno, ma non si conoscono del tutto i dettagli tecnici dell’operazione bancaria. Non è detto che facciano bonifici direttamente in rubli, mentre si sa che il meccanismo di pagamento è tale da non violare formalmente i pacchetti sanzionatori: sembra che le compagnie europee mandino euro o dollari, che poi vengono convertiti dalla banca di Gazprom, non inserita nella lista nera a differenza di altri importanti istituti di credito russi. Come riferito dal sito Strumenti Politici, sia l’italiana ENI che la slovena Geoplin hanno aderito alle condizioni. Quest’ultima, in particolare, ha dichiarato che il flusso di gas arriva in Slovenia regolarmente dall’hub austriaco di Baumgarten, nonostante invece non arrivi più in Bulgaria e in Polonia. Geoplin si sta in ogni caso impegnando a trovare altri fonti a cui approvvigionarsi, anche se per il momento non si è concluso l’accordo con la Croazia per il gas in transito nel mare Adriatico. La Slovenia avrebbe voluto un accesso al terminal di Krk, ma adesso sarà impossibile fino al 2027: quindi per ora a Lubiana conviene comprare da Gazprom.
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