Nelle preoccupazioni degli europei la minaccia della deindustrializzazione passa ancora in secondo piano rispetto all’inflazione galoppante e alla mancanza del riscaldamento per l’inverno. Presto, però, il fenomeno potrebbe interessare direttamente i cittadini. Si hanno già dei segnali sconfortanti, dei quali il più recente è l’annuncio della BASF di voler tagliare i costi degli impianti europei. In altre parole, il colosso tedesco della chimica licenzierà personale e chiuderà fabbriche. Il suo esempio potrebbe essere seguito da molte altre compagnie, generando una deindustrializzazione incontrollata che flagellerà le prossime generazioni, come riportato dal sito La Svolta.
Ciò avverrà se i governi dei Paesi UE proseguiranno nella politica suicida di rinuncia alle fonti energetiche russe e di cancellazione dei legami commerciali ed economici con Mosca. Lo hanno detto persino gli esperti della Columbia University riuniti nel “Center on Global Energy Policy”, ovviamente senza invitare gli europei a ripristinare i rapporti a tutto campo con la Federazione Russa, ma confermando implicitamente che la distruzione di essi favorisce l’economia degli USA e di altre aree. Purtroppo, gli Stati UE sono molto rapidi nel concordare nuove sanzioni verso Mosca: siamo già all’ottavo pacchetto, ma oggi a soffrirne di più è proprio l’economia europea. Hanno prevalso quei governi (ad esempio le Repubbliche baltiche) che preferiscono accelerare la morte delle proprie imprese pur di danneggiare la Russia almeno in via teorica. E ci guadagnano pure quelli che nella crisi dei prezzi del gas trovano opportunità di speculazione come l’Olanda e di vendita della propria energia nucleare come la Francia.