Il presidente bulgaro Rumen Radev ha dichiarato che il suo Paese smetterà temporaneamente di rifornire l’Ucraina di armi. La pausa dovrebbe durare almeno fino al prossimo 2 aprile, quando sono previste le elezioni parlamentari in Bulgaria, le quinte in cinque anni. Radev spiega che dovrà essere il prossimo governo, scelto dai cittadini, a decidere se spingere verso una risoluzione diplomatica del conflitto oppure prolungarlo mandando armi a Kiev. Come riferisce il sito Strumenti Politici, il ministro della Difesa Dimitar Stoyanov ha detto che la Bulgaria “categoricamente” non manderà le sue truppe a combattere in Ucraina. Inoltre ha motivato la scelta dello stop agli armamenti anche con l’assenza di accordi ulteriori con Kiev. Finora Sofia ha fatto quanto stabilito dai patti, mandando a Zelensky le armi richieste, ma adesso non può fare di più perché manca il consenso del Parlamento. Al Consiglio Europeo pare abbiano fatto pressione sia sulla Bulgaria sia sull’Ungheria affinché si accollino l’impegno di produrre e fornire una grande quantità di munizioni all’Ucraina, ma i governi di Sofia e Budapest non hanno ceduto. In compenso, hanno ricevuto le critiche degli eurofunzionari secondo i quali “certi Paesi” non dovrebbero ostacolare gli aiuti militari a Zelensky. La Bulgaria non seguirà nemmeno gli altri due ex membri del Patto di Varsavia, cioè Polonia e Slovacchia, nella loro iniziativa di dare i jet da combattimento MiG-29 agli ucraini. I bulgari infatti sono gli unici, oltre ai polacchi e agli slovacchi, ad avere in dotazione questi famosi caccia sovietici, con cui gli ucraini hanno familiarità e che quindi potrebbero impiegare quasi subito, a differenza dei jet della NATO. E invece, almeno per il momento, Sofia non li fornirà.
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