Gli aggettivi sono superflui e anche stucchevoli. E dire che si sapeva dalla vigilia è anche particolarmente noioso. Ha donato al Giro d'Italia ciò che ci aspettava di vedere, spettacolo, finalmente dopo qualche anno con forse troppi sbadigli. Anche se il finale di Roglic dello scorso anno è ancora ben impresso nella mente degli appassionati e degli addetti ai lavori.
Tadej Pogacar è l'amore verso le due ruote. Verso tutto ciò che circonda questo mondo. E pazienza se in prima battuta ci ha fatto arrabbiare perchè speravamo che Giulio Pellizzari questa volta riuscisse ad arrivare da solo al traguardo. Mancava ancora tanto al traguardo e soprattutto alla fine della seconda ascesa alla cima del Monte Grappa.
Il più giovane corridore della Corsa Rosa sa stare in sella, è bello da vedere in bici persino quando non ne ha più e cosa più importante, non gli va messa pressione. Va lasciato crescere, fare i suoi errori, sbagliare e soprattutto non si lasci ammaliare dalle voci che gli prospettano un grande futuro. È all'inizio e fossi in lui non andrei subito in una big a fare da gregario. Destino che purtroppo è toccato ad alcuni della generazione prima di lui.
Ha fatto una bellissima terza settimana. Così come i suoi compagni (ieri grande Tonelli, bene Fiorelli e Covili, buono il supporto del 40enne Pozzovivo) che non sono purtroppo gli uomini di Pogacar della Uae, ma hanno fatto il loro.
Lo sloveno anche ieri ha fatto macinare lavoro ai suoi che poi lo hanno lanciato all'attacco per riprendere Pellizzari. E come è successo sul Monte Pana Tadej gli ha fatto un cenno d'intesa, un 'andiamo', come a dire: "Dai, se mi stai dietro questa volta te la lascio". Subito il classe 2002 ha provato a stargli dietro ma le gambe e l'andatura non solo le stesse e ha dovuto ammainare bandiera bianca. Non è naufragato però, anzi. È rimasto con i migliori (la top ten non è quasi praticamente cambiata, fuori Zana, dentro Storer, Bardet perde due posizioni ed è nono) portandosi a casa un bellissimo sesto posto di tappa.
Per Pogacar è stata una festa da quel momento in poi fino al traguardo. Ha mandato a quel paese due tifosi che lo hanno toccato (uno, soprattutto), ha scansato i fumogeni, regalato una borraccia ad un bimbo che gliela chiedeva a bordo strada prendendola dal massaggiatore e passandogliela. Scena da libro Cuore, meravigliosa. Poi alla fine saluti a tutti e un inchino alla gente del ciclismo che va ribaltato al contrario.
Ieri la doppia salita sul Monte Grappa ha fatto pensare alla drammatica pagina della Prima Guerra mondiale. Il Sacrario militare costruito sulla vetta della montagna dove riposano 23mila caduti di entrambi gli schieramenti, è un luogo che è molto più che memoria. E se le persone possono stare a bordo strada, festanti, in visibilio, vedendo passare gli idoli del ciclismo, è anche grazie al sacrificio di quei 22.910 uomini, tra cui anche molti "ragazzi del 99".
IL COMMENTO TECNICO di Marco Rebagliati:
Tappa 21, 125 chilometri per la passerella finale a Roma. Un circuito cittadino che consentirà di vedere le bellezze della Capitale non solo ai tifosi ma anche ai corridori prima di lanciarsi nella volata finale che determinerà l'ultimo vincitore di tappa di questo Giro d'Italia.
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