All’Unione Industriali di Torino, il Comitato Torino Finanza della Camera di Commercio di Torino ha organizzato l’incontro “Scenari energetici 2025”. Confronto fra esperti, professionisti, manager di imprese produttrici di energia. Ancora troppe riserve culturali e vincoli normativi.
Puntare sulle energie rinnovabili non è solo una necessità per tutelare l’ambiente, ma anche un’opportunità di sviluppo e di competitività industriale per il Piemonte. Ad affermarlo è il Presidente del Gruppo Energia dell’Unione Industriali di Torino, Giuseppe Bergesio, nel corso dell’incontro “Scenari energetici 2025”, organizzato dal Comitato Torino Finanza della Camera di Commercio di Torino.
L’appuntamento, che si è svolto al Centro congressi dell’Unione Industriali di Torino, ha coinvolto l’Ordine dei Commercialisti e l’Ordine degli Ingegneri di Torino e la Confservizi del Piemonte e della Valle d’ Aosta.
“Più puntiamo sulle rinnovabili – ha affermato Bergesio – meno sorprese avremo sui costi dell’energia. I metri cubi di gas consumati non sono sotto il nostro controllo, c’è incertezza negli approvvigionamenti a fronte della instabilità geopolitica internazionale che può riflettersi nei prezzi”.
“Il Piemonte comunque è in linea con gli obiettivi di sviluppo delle energie “pulite”, in particolare per la fonte idroelettrica – ha proseguito Bergesio – e se in Italia nel 2022 si fosse rovesciato il rapporto fra rinnovabili ed energie fossili, che è del 35% contro il 65%, non avremmo avuto la crisi”.
Sulle opportunità che le aziende possono cogliere dalla cosiddetta Transizione 5.0 ha parlato Paola Aglietta, dell’Ordine dei Commercialisti di Torino: “Vi sono incentivi sotto forma di credito di imposta interessanti – ha affermato –, ma i tempi sono brevi, perché bisogna fare gli investimenti orientati al risparmio energetico entro il 2025”.
Ci sono strumenti di autoproduzione di energia rinnovabile, come le Comunità energetiche rinnovabili (Cer) e i Gac (Gruppi di autoconsumo collettivo), che consentono alle aziende non solo di risparmiare, ma anche di condividere i benefici ambientali ed economici con la collettività in un’ottica di responsabilità sociale dell’impresa : “Sono strumenti – ha proseguito Aglietta – ancora poco utilizzati, al contrario all’estero funzionano già bene. Certo in Italia ci sono resistenze culturali e difficoltà applicative, anche dal punto di vista fiscale”.
Un quadro normativo che blocca anche lo sviluppo di nuovi impianti di produzione delle energie rinnovabili, ha sostenuto Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità futura, l’organizzazione di Confindustria che raggruppa aziende che producono e vendono il 70% dell’energia elettrica prodotta in Italia. Ci sono lungaggini burocratiche (per avere un’autorizzazione ci vogliono 5 anni) e l’ostilità di molte regioni: “E il Testo unico sulle rinnovabili – ha aggiunto Re Rebaudengo – peggiora ancora la situazione. Ma la paura che gli impianti fotovoltaici sottraggano terreni all’agricoltura e danneggino i suoli è infondata: in Italia occupano solo lo 0,1% della superficie agricola”.