Dietro ci sono nomi di peso: quello di Giuseppe La Salvia, a lungo chef al bistrot del Relais San Maurizio nelle Langhe; quello di Ivan Milani, in precedenza alla guida prima della cucina del San Quintino Resort di Busca e poi di Piano 35; e infine l’attuale chef Matteo Cignetti, cresciuto all’Accademia di Nico Romito e vincitore dell’Olimpiade Young Chef 2022. E, quando ci sono di mezzo dei grossi nomi, le attese si fanno naturalmente alte. Specie quando il gotha torinese del gusto continua ad esprimere giudizi tanto lusinghieri sull’Opera di Santa Pelagia da indurre a pensare che questo locale, avviato nel 2024 negli spazi che precedentemente ospitavano la Fassoneria san Massimo, rappresenti per la ristorazione torinese un nuovo paradigma. Certo, forse le aspettative che nutrivo potrebbero aver influenzato il mio giudizio. E tuttavia, fidandomi ormai abbastanza dei miei sensi e della mia esperienza, mi sento piuttosto tranquillo nell’affermare che la cena che ho mangiato qui è stata sì discreta, ma incapace però di suscitare quella voglia insopprimibile di tornare che talora, alla fine di un pasto al ristorante o in trattoria, mi assale.
Se le ombre rischiano di oscurare la luce
L'inizio, purtroppo, non è dei più felici. Il piatto che dovrebbe dare il benvenuto — Erbe e fiori in tempura — promette leggerezza e croccantezza. E tuttavia, più che una tempura, quella che ho mangiato sono erbe e fiori in pastella, del tutto privi di quei tratti che differenziano una tempura – appunto – da una pastella. Anche le acciughe, servite con Pan brioche artigianale, si inseriscono nel filone rassicurante del comfort food di fascia medio-alta, senza tuttavia riuscire ad avere quel guizzo che le rende, anche se non memorabili, almeno particolari. Parziale ricupero sui primi, senza che però il file rouge di questa cucina si dissolva: il ripieno dei Tortelli di erbe stufate cioè, che in sé risulta accattivante e gustoso, viene poi penalizzato da una pasta davvero troppo spessa da impedire di fatto di gustarne davvero il sapore. Uno scatto di vivacità lo si ha finalmente con L’agnello della Basilicata: il suo gusto non troppo addomesticato e la sua consistenza decisa lasciano intravvedere le potenzialità di una cucina che rischiano però, al momento, di restare ancora troppo sullo sfondo. Come prova del resto Il bacio della santa, scomposizione prevedibile di un bacio di dama in cui purtroppo non sembra risuonare passione alcuna.
Atmosfera curata con qualche dettaglio da rivedere
Detto questo, va riconosciuto che l’articolarsi del locale in due salette raccolte e supportate da una piccola zona bar, oltre alla presenza di un dehors decisamente suggestivo, rendono questo spazio oltremodo piacevole. I piatti serviti direttamente su tavoli in legno grezzo, abbelliti da posate disposte su un apposito supporto e da eleganti tovaglioli di tessuto, creano un’atmosfera ad un tempo informale ed elegante. Un piccolo neo è forse rappresentato dalle poltroncine che, abbinate a più comode sedie, non risultano così funzionali all’utilizzo prefissato. Il servizio, preciso e cordiale, è gestito in modo professionale e capace di far arrivare in tavola le pietanze con i giusti ritmi. La carta dei vini infine, pur varia, risulta complessivamente piuttosto contenuta. Scelta forse spiegabile col fatto che il locale offre una selezione di cocktail decisamente interessanti.
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Tipologia locale: bistrot/cocktail bar
Indirizzo: Via san Massimo 17/H – Torino
Sito web: www.operadisantapelagia.com
Prezzo: Antipasti (8-12€), vivande (14-18€), secondi (18-26€), dolci (8-10€), coperto (0€).
Ultima visita (cena): maggio 2025
Sensazioni al volo: Contesto piacevole, servizio preciso e cordiale, cucina puntata su materie prime non sempre adeguatamente valorizzate. Forse un guizzo ai fornelli basterebbe a dare il colpo d’ala giusto.