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FACEBOOK | 23 luglio 2025, 11:15

Il Piemonte del vino guarda al biologico: quando la sostenibilità passa dalla cooperazione

La viticoltura biologica cresce in Piemonte, trainata da una visione che coniuga qualità, tutela ambientale e identità territoriale

Il Piemonte del vino guarda al biologico: quando la sostenibilità passa dalla cooperazione

Nel cuore delle Langhe, una delle regioni vinicole più prestigiose d’Europa, il Piemonte si afferma come terra di innovazione sostenibile. Negli ultimi anni, la viticoltura biologica ha conosciuto una crescita costante: un processo che non si limita alla certificazione, ma si traduce in un cambiamento culturale profondo, capace di coinvolgere aziende, territori e comunità.

Sebbene il biologico continui a rappresentare una produzione di nicchia, oggi rappresenta sempre più una scelta strategica per molte realtà vitivinicole piemontesi che vogliono coniugare eccellenza produttiva e rispetto per l’ambiente, in risposta a consumatori sempre più attenti all’impatto delle proprie scelte. A spingere verso questa direzione è anche un clima sempre più fragile, che rende evidente la necessità di pratiche agricole rigenerative e più rispettose dell’equilibrio naturale.

In questo scenario le cooperative vitivinicole svolgono un ruolo fondamentale, perché mettono a sistema competenze, esperienze e risorse, rendendo possibile il cambiamento anche per le piccole aziende agricole. La cooperazione diventa così un moltiplicatore di consapevolezza, innovazione e impatto positivo sul territorio.

I numeri del vino biologico

Nel corso degli ultimi anni, il biologico ha conquistato sempre più spazio all’interno dei vigneti italiani e piemontesi, e i numeri lo testimoniano in modo chiaro: secondo il report firmato da Sinab e realizzato da Ismea in collaborazione con Ciheam nel 2021, l’Italia è tra i primi Paesi al mondo a produrre maggiori quantitativi di vino biologico. Con una superficie vitata biologica che, come riportato da FederBio, nel 2025 è arrivata a 133.000 ettari, l’Italia occupa un ruolo di primo piano in questa transizione.

Secondo Nomisma Wine Monitor, in Piemonte i vigneti coltivati a biologico hanno superato nel 2023 i 4.700 ettari, segnando una crescita del +353% rispetto al 2012. In percentuale, si tratta di quasi il 10% della superficie viticola regionale: un numero che dimostra chiaramente che la vitivinicoltura biologica rappresenta ancora una produzione minoritaria, ma che racconta un cambiamento comunque degno di nota.
Accanto a questa crescita produttiva, occorre sottolineare che il mercato si dimostra ricettivo e premiante per i prodotti biologici, il cui apprezzamento è in costante aumento. In particolare nei mercati del Nord Europa e del Canada l'etichettatura biologica non rappresenta più solo un vantaggio, ma è spesso un requisito fondamentale.

Radici che uniscono: vite e cooperazione

Questa trasformazione trova nella cooperazione un supporto fondamentale, che affianca i produttori attraverso formazione, assistenza tecnica e supporto economico per favorire una viticoltura più attenta e sostenibile.
Un esempio emblematico di questo approccio è quello della Cantina Terre del Barolo, storica cooperativa di Castiglione Falletto aderente a Confcooperative Fedagripesca Piemonte, che ha scelto di investire con convinzione nella produzione di vini biologici certificati, coinvolgendo in modo strutturato i propri soci. La cantina produce ogni anno circa 120.000 bottiglie biologiche, tra Barolo, Barbera, Dolcetto e Nebbiolo, vitigni che esprimono pienamente il legame profondo con la Langa e la sua identità. Per questa realtà il biologico non è una moda, ma una scelta seria e consapevole, un modo più coerente per tutelare le risorse naturali e il lavoro dei soci.

Ma nella cooperazione agricola piemontese sono diversi gli esempi di tutela dell’ambiente e del territorio: in Cantina Clavesana, dal 2019 un primo gruppo di soci ha intrapreso il conferimento di uve biologiche per la produzione di Dogliani DOCG, mentre nell’astigiano la Cantina Sociale di Nizza Monferrato produce Barbera d’Asti DOCG e Nizza DOCG biologici. Accanto a questi, la Cantina Sociale Tre Secoli, Terrenostre, Cantina La Maranzana e la Cantina Sociale del Nebbiolo hanno linee produttive certificate biologiche. Altre cooperative, come Produttori di Govone, dispongono invece attualmente della sola certificazione per avviare nel futuro la produzione biologica.

Questi sono solo alcuni esempi dell’attenzione che la filiera cooperativa riserva all’ambiente, al territorio e alle persone. Certo, la vitivinicoltura biologica richiede pazienza, osservazione costante e una formazione continua. Ma è proprio in questo contesto che emerge maggiormente il valore della cooperazione, strumento efficace per affrontare le difficoltà produttive ed economiche, soprattutto nelle annate più critiche e complesse.

C.S.

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