Ancora un'aggressione all'interno del carcere delle Vallette: un assistente capo della Polizia Penitenziaria è stato colpito violentemente con calci e pugni al volto da un detenuto di origine marocchina, senza alcuna apparente motivazione, all’interno della prima sezione del primo piano del Padiglione A.
Il poliziotto penitenziario è stato immediatamente accompagnato al pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria, dove è stato visitato e successivamente dimesso con una prognosi di cinque giorni, salvo complicazioni. Si tratta della 26ª aggressione registrata nel 2025, con 37 agenti feriti dall’inizio dell’anno nell'istituto penitenziario più grande del Piemonte. "Il carcere di Torino si è trasformato in una sorta di campo di battaglia, quanto mai simile ad alcuni penitenziari sudamericani in cui, peraltro, vige l'auto-gestione da parte dei detenuti – denuncia Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp – che lancia l'ennesimo appello al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio acchè si 'svegli' dal torpore istituzionale fino ad oggi riservato alle carceri rispetto agli altri settori della Giustizia e, a sua volta, svegli da un inerzia assolutamente inaccettabile i ben retribuiti vertici penitenziari nazionali e regionale".
A detta del leader dell'Osapp: "è della massima urgenza, stante l'assenza reiterata e grave di iniziative da parte di chi avrebbe l'obbligo giuridico e organizzativo di intervenire, l'invio di una immediata ispezione ministeriale che verifichi le responsabilità dell'imbarbarimento e della perdita di sicurezza interni al carcere torinese ed in cui sono i detenuti più violenti a farla da padroni, sempre più di sovente in danno dell'incolumità psico-fisica del personale di Polizia Penitenziaria oramai completamente allo stremo".
"Nei sensi indicati - conclude Beneduci - riteniamo nostro dovere, acchè i cittadini conoscano la gravità della situazione e i conseguenti rischi anche per la Collettività esterna al carcere, che si sappia pubblicamente che nonostante le disposizioni vigenti 'sulla carta' e che prescrivono la chiusura degli ambienti di detenzione, spesso le celle del carcere restano aperte consentendo ai detenuti, anche di maggiore pericolosità, di aggirarsi liberamente nelle sezioni e nei corridoi con ciò incrementando a dismisura traffici, sopraffazioni e violenze".
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