Artigiani alle urne. Come singoli cittadini, ma anche come categoria. Tra desideri, timori, conoscenze e preferenze. A un paio di settimane dalle elezioni Politiche, Confartigianato Torino ha voluto sondare le sensibilità dei suoi associati e ne è emerso un quadro piuttosto composito, da cui emerge cosa si aspetta il settore dal governo che verrà (se verrà).
E la distinzione è tutt'altro che oziosa, visto che oltre un intervistato su due (il 52% per l'esattezza) ammette di non conoscere come funziona la legge elettorale attualmente in vigore: il cosiddetto "Rosatellum".
Ben più precisa, invece, è l'idea che hanno sui difetti della classe dirigente del nostro Paese: il difetto principale imputabile ai politici italiani, infatti, per il 71% è la distanza dalle reali esigenze del Paese, segue a pari merito al 14,3% dalla scarsa preparazione tecnica e l’eccesso di personalismo. La quasi totalità del campione (90,5%) ha giudicato insufficiente l’azione del Governo Gentiloni e le misure messe in atto per le imprese nella Legge di bilancio 2018; il 7% la reputa sufficiente mentre il 2,4% la definisce buona.
Tra gli interventi che dovrebbero essere considerati prioritari nell’agenda del nuovo Parlamento, al primo posto con il 67% viene indicata la riduzione del carico fiscale, seguono i tagli ai costi della politica con il 12%, la semplificazione burocratica con il 9,5% e gli incentivi per le imprese con il 7%.
“La priorità per micro-imprese e artigiani potrebbe chiamarsi l’insostenibile pesantezza del fisco – commenta Dino De Santis, presidente di Confartigianato Torino -. Tradotto in termini più concreti: l’artigiano lavora dal 1° gennaio al 19 giugno, soltanto per pagare le tasse, imposte e contributi. E solo il 20 giugno può dire di lavorare per la sua attività. In pratica per pagare imposte e contributi servono 170 giorni di lavoro e nella Legge di Bilancio non s’è visto nessun taglio, solo proroghe degli incentivi già in vigore e nessun intervento strutturale. Non mi sorprende, dunque, che i nostri associati chiedano a gran voce, al di là delle fantasmagoriche promesse elettorali, che i parlamentari del territorio che andranno a Roma, si impegnino a ridurre il carico fiscale”.
Sul versante delle questioni più legate al territorio e alla città di Torino e alle azioni che sarebbe opportuno porre in essere per far uscire la città dallo stallo che la sta caratterizzando, la maggioranza (40,5%) degli intervistati indica come prioritaria la necessità di mettere in campo misure a sostegno dell’imprenditorialità, il 21% l’elaborazione di una visione strategica, il 17% la lotta all’abusivismo, il 9,5% l’investimento in infrastrutture e il 7% il recupero dell’attrattività turistica.
“I risultati di questa nostra indagine legata al territorio - commenta De Santis - evidenziano che gli artigiani sono disorientati perché non vedono con chiarezza il delinearsi di una prospettiva politica e di una visione lungimirante. L’impressione è che Torino stia vivendo un certo affaticamento, addirittura uno spaesamento. Da più parti si evidenzia il fatto che non esista una visione strategica, una rotta per definire il futuro della Città e una programmazione a lungo termine. Torino pare una città in stallo, senza idee per riemergere da questa lunghissima crisi che l’ha ferita. E quando anche l’ultima bottega chiuderà la saracinesca, allora degrado, povertà e malaffare regneranno incontrastati. Se non vogliamo che Torino si ‘desertifichi’ occorre continuare a investire. Anche sull’artigianato”.
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