Il Piemonte come un cri-cri: una pralina vestita da caramella che racchiude l’eccellenza naturale della nocciola e sfoggia valore industrioso del cioccolato. A decorarla, tante zuccherine unicità culturali, tutte vicine, ma indipendenti, protette da un travestimento-understatement simbolo della creatività. È questo una delle immagine iconiche scelte per rappresentare la nostra regione in Effetto Piemonte, progetto di ricerca che osserva e studia la collocazione del territorio pedemontano nell’immaginario collettivo.
Dopo l’esperimento city imaging di Torino Stratosferica – collettiva “utopia urbana” – l’associazione, in collaborazione con Hangar Piemonte e Dmo Piemonte Marketing, ha voluto estendere lo stesso metodo di ricerca e visione su scala regionale. Perché anche le regioni, e non solo le singole città, rientrano in un sistema competitivo basato sull’attrazione turistica, gli investimenti esterni, il tessuto lavorativo intrecciato all’offerta di svago.
Ma come raccontare una regione riscoprendone l’identità profonda e facendo sì che tutti gli abitanti vi si rispecchino? “Le comunità esistono per come si rappresentano e per come si presentano agli altri”, hanno spiegato gli ideatori del progetto Luca Ballarini, Luisa Piazza e Valeria Dinamo in occasione della presentazione pubblica al Caffè Müller di Torino, il 26 febbraio. Un riferimento condiviso, quindi, contro la frammentazione che le divergenze di punti di vista e mentalità potrebbero generare.
Effetto Piemonte indica innanzitutto il fattore che permette ad alcuni progetti di nascere e svilupparsi sul nostro territorio, nonché l’elemento distintivo su cui focalizzarsi negli anni a venire. Le migliori pratiche esistenti e ciò che si desidera domani per la regione stessa, elevato al massimo grado. “Questa ricerca – commentano gli autori del volume – nasce da un bisogno di distinzione, per riscoprire e valorizzare l’essenza del Piemonte e poter competere con altre aree. Si tratta anche di un lavoro di regional branding, che vuole individuare una serie di attributi place-specific per immaginare al meglio il posizionamento del territorio nel futuro”.
Da giugno a dicembre 2018 l’attività ha coinvolto oltre 60 attori protagonisti del mondo culturale, creativo e produttivo regionale. È stato così esplorato il territorio attraverso gli occhi degli esperti, raccogliendo esempi di innovazione che mettessero al centro la crescita umana. Raccontare la “piemontesità”, lanciare visioni provocatorie, costruire un progetto di branding: queste le tre dimensioni dell’Effetto Piemonte.
Concretezza e rigore, accoglienza di certo non calorosa, ma discreta, radicamento geografico alla cornice montagnosa, percezione del confine transalpino tra decentramento e compenetrazione: nello studio della “piemontesità” si parte così dal limite per superarlo. Una posizione marginale che ha tuttavia permesso al Piemonte di farsi “laboratorio” di idee e sperimentazioni, diventando fabbro, artefice del proprio destino. Una regione in cui genio e sregolatezza trovano la giusta sintesi, tra la cultura dell’innovazione in campo scientifico e industriale e le tante “follie” architettoniche che costellano i paesaggi urbani. “In Piemonte abbiamo la consapevolezza diffusa – si legge nel volume – che il futuro consista nel recuperare una parte del passato, senza per questo volervi tornare”. Un gioco di contrasti, dall’eleganza raffinata e mai vistosa, insito nel nome stesso della regione: terra di chi alza lo sguardo verso nuove vette mantenendo sempre i piedi ben saldi al suolo.
Ed è proprio guardando alle capacità visionarie piemontesi che la ricerca ha voluto approdare a una sorta di “Pantheon” laico, riunendo in un tempio immaginario le menti più illustri della nostra storia regionale. Spiccano così Camillo Benso, conte di Cavour, Norberto Bobbio, Giovanni Bosco, Giulio Einaudi, Quintino Sella, Rita Levi-Montalcini, Armando Testa, Giovanni Agnelli, Adriano Olivetti, e tanti altri ancora. Dall’omaggio sacrale partono poi gli spunti tematici su cui concentrare attenzioni ed energie future.
La terra, innanzitutto, che ha fame di risanamento idro-geologico, bonifiche, sistemazione della collina (dalle Langhe al Monferrato), valorizzazione delle varietà locali, energie rinnovabili, bioeconomia. L’attrazione di cervelli, l’alfabetismo funzionale, Torino capitale di pensiero e Piemonte Massachussets d’Europa. Il libro e l’editoria, una fiera di libri itinerante, di valle in valle, gli ecomusei, la narrazione locale. Gli spostamenti ferroviari facili – prima ancora che veloci – in una regione piena zeppa di trenini, la diffusione della mobilità alternativa alla macchina, la creazione di ciclovie regionali, l’interrail del Piemonte. E, ancora, la cultura d’impresa, le residenze sabaude con nuovi ruoli sociali, l’outdoor, i comprensori sciistici, i “safari” nella valli disabitate, la qualità della vita, l’otium, il piacere del gusto (vedi Slow Food). Il recupero delle cascine, il ripopolamento dei borghi, le residenze d’artista in montagna. La riscoperta della ricchezza idrica, il Po navigabile (un battello da Torino a Casale?), una rete di castelli fluviali come la Loira. Infine, il turismo, tra le merende “stellate in campagna”, Orta come novella Portofino e tanti festival musicali.
Non mancano poi i luoghi da riscoprire, ben ventisette. Per citarne alcuni, il borgo medievale di Canova, il Sacro Monte di Varallo, l’Anfiteatro Morenico di Ivrea, il Castello di Govone, le sorgenti del Po a Pian del Re, il santuario e i bagni di Vinadio, l’alta via del sale da Limone Piemonte.
Il volume è corredato, in chiusura, da una galleria di possibili campagne pubblicitarie per promuovere le bellezze locali, da “Fai la Biella Vita” contro lo stress cittadino a “Banda Langa”, che sponsorizza la superconnessione collinare, fino a “Outdoora” per un’esperienza immersiva fra la Dora Baltea e la Riparia.