"Era un'offerta, ma non era già fatta". Forse è solo una battuta d'arresto? "Difficile dirlo e non è corretto sbilanciarsi". L'onda lunga dell'interruzione delle trattative tra FCA e Renault piomba rumorosamente all'evento che Amma organizza proprio questa mattina all'Unione Industriale. E il padrone di casa, Giorgio Marsiaj, presidente dell'Amma e vicepresidente degli industriali torinesi, pratica la strada della prudenza. "Sappiamo che i francesi, come americani o giapponesi, hanno una politica dell'auto, come tutti i Paesi che si rispettino. Come ha fatto la Merkel in Germania per Opel. Anche in Francia si sono subito preoccupati della ricaduta occupazionale".
Un riferimento nemmeno troppo velato al governo nostrano, chiamato in causa più volte di recente dal mondo industriale in occasione dei festeggiamenti per il centenario di Amma. E non pervenuto in queste ore, al contrario si quello francese.
Quel che emerge, è una vena di rammarico. "Sembrava un accordo robusto - dice Marsiaj -, in cui tutte e due le parti potevano giocare un ruolo importante. Anche sul fronte dell'elettrico. Proprio la Francia ha annunciato nei giorni scorsi investimenti per fabbrica di batterie". E aggiunge: "L'Ingegner Elkann ha la mia totale fiducia e immagino che se si è fermato, avrà avuto i motivi giusti. Anche perché oltre a Renault c'erano di mezzo anche Nissan e Mitsubishi. Stay calm and keep going, come diceva Churchill. Anche perché per tutte le nostre aziende sarebbe una grande opportunità".
Lo ha detto a margine de nuovo roadshow mirato a implementare la digitalizzazione delle PMI attraverso il coinvolgimento delle filiere, promosso a livello nazionale da Confindustria, Confindustria Digitale e dalla rete dei Digital Innovation Hub. Il primo round - che dopo Torino prevede altre due tappe a Brescia e a Bologna - vede coinvolta la filiera della Meccanica 4.0, rappresentata da Federmeccanica, Ucimu, Anima e Anie Automazione.
Durante il convegno, poi, Marsiaj è ancora tornato sul tema: "Dieci anni fa FCA ha preso Chrysler e l'ha integrata, non l'ha colonizzata. Oggi non so se la trattativa con Renault riprenderà. Ma era un'opportunità, anche per la componentistica e la filiera. Ma la filiera deve comunque guardare a progetti più ampi. Nessuno ha le dimensioni di Bosch".
E una stoccata torna ancora a essere indirizzata verso il governo: "Se il Paese non cresce, non crea occupazione. Trump è cafone e non piace? Gli Usa crescono e hanno una disoccupazione di pochi punti percentuali. Crescere dello 0,1 o calare dello 0,1 cambia poco. Se non fai +1,7 non crei occupazione. E il tempo delle imprese non è quello della politica".
Dispiacere anche per Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte. "L’interruzione delle trattative per la fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e Renault è una notizia che apprendo con forte rammarico perché il perfezionamento di un’intesa industriale tra i due gruppi avrebbe aperto scenari di grande prospettiva, con le integrazioni delle rispettive competenze e tecnologie, nel quadro di un’operazione che avrebbe comunque messo al centro della nuova industria della mobilità una grande impresa dalla forte identità europea. In questo stop non hanno pesato solo le logiche industriali ma ha avuto indubbiamente un ruolo la presenza di componenti pubbliche nell’azionariato del gruppo francese, il cui peso si sarebbe diluito considerevolmente con il nuovo assetto".