Il divieto che si fa arte in un corpo in movimento, manifestando il nascosto come processo di trasformazione. Prende il via questa sera il Moving Bodies Festival Butoh e Performance Art al Teatro Espace di Torino (via Mantova 38), fino a sabato 6 luglio. Una sesta edizione che celebra i sessantanni dalla prima esibizione di Kinjiki (in giapponese, “colori proibiti”), prima performance di danza Butoh diretta ed eseguita da Tatsumi Hijikata e Yoshito Ohno, all’epoca scandalosa perché raccontava di omosessualità.
Il tema scelto per l’anniversario è appunto “Roseness/Candore”, a indicare un colore, il rosa gardenia, tra quelli proibiti alla corte imperiale dell’antico Giappone, assunto però per descrivere la purezza della body art ai suoi esordi, come atto politico di liberazione del corpo.
“Ci siamo focalizzati sul nascosto, il vietato”, spiega la direttrice artistica Ambra Gatto Bergamasco. “La mia idea era di rompere con il passato, perché troppo spesso si parla del Butoh solo nella sua dimensione storica, ignorandone gli sviluppi presenti. Oggi si è evoluto, è cambiato. Per questo ho voluto agganciarvi la Performance Art, perché esiste tra le due forme artistiche un dialogo aperto e costante. Le contaminazioni sono sempre esistite”.
Nato in Giappone negli anni ‘50, il Butoh, “danza dell’anima” avanguardista, continua oggi a essere espressione fisica dell’ascolto interiore, esternazione dei movimenti dell’animo in codici corporei nuovi, svecchiati dal passato, che manipolano lo spazio-tempo. “Il Butoh – continua Bergamaschi– è una pratica molto relazionale, si rifà al quotidiano. La sua denuncia sociale attinge a ciò che non viviamo tutti i giorni. Per me significa esperenziare un momento di bellezza in cui il pubblico stesso ha la possibilità di farsi toccare nel profondo da quello che vede in scena. È lasciarsi nutrire da ciò che avviene. C’è ben poca attività cerebrale o concettuale, ma tutto è esperienza diretta. Per questo è accessibile a chiunque”.
E proprio per aprire il Butoh a qualsiasi performer anche alle prime armi, in concomitanza del festival è iniziata al Teatro Espace l’Intensive Summer Practice, composta da cinque laboratori, fino all’11 luglio. Gli incontri sono tenuti da alcuni degli artisti chiamati a esibirsi, tra cui Adam Koan, Ken Mai, Yumiko Yoshioka e Minako Seki.
“Le performance selezionate per il festival – spiega Bergamasco illustrando il programma – trattano il tema dello svelamento, dell’oscuro celato che si fa luce manifesta. Il danzatore Butoh danza la vita in tutte le sue complessità. Il corpo si fa passivo, pronto a ricevere qualsiasi stimolazione sensoriale. È espressione di quell’intervallo di tempo tra una cosa e l’altra, come l’inspirazione e l’espirazione, una membrana che congiunge interno ed esterno. Praticandolo, il nostro asse si sposta dal cognitivo-razionale al non-cognitivo onirico”.
La kermesse si apre questa sera, alle 19, con la presentazione dell’irlandese Experimental Film Society, per un progetto in collaborazione con Film Commission Piemonte, che rappresenta la grande novità della sesta edizione. “Moving Bodies On Screen” è infatti la sezione dedicata alla video art e al cinema sperimentale, cui partecipa anche il progetto “Camouflage”, curato da Alessandra Arnò, Simona Da Pozzo e Marisol Malatesta. Seguiranno, dalle 21, le performance di Francesca Arri, Maruska Ronchi e Adam Koan.
Tutti gli artisti in programma si alterneranno, durante la settimana, con performance ispirate a “Kinjiki”, il colore proibito, in questo caso il rosa, concepito anche nella sua essenza (la “roseità”), come qualità intrinseca della cosa in sé, radice comune delle diverse discipline artistiche.
Una rassegna che, ancora una volta, consolida la propria indipendenza e autosussistenza, ma non senza qualche nota critica: “Sentiamo la voglia di far rientrare il Butoh in un discorso artistico complessivo – conclude Bergamasco, commentando lo scarso entusiasmo della cultura italiana rispetto alla disciplina orientale – perché, come forma d’arte, dovrebbe essere conosciuta e poi riconosciuta a livello ministeriale. Istituzionalizzarlo significherebbe sdoganare le sue possibilità di crescita”.
Per informazioni e dettagli sul programma: www.mbfestival.com