Simona Ricci, Abbonamento Musei aveva registrato, alla fine del 2019, un +10% di abbonati. Un risultato ottimo, anche alla luce dell’inserimento della Valle d’Aosta nella vostra offerta, oltre a Piemonte e Lombardia. Può farci una panoramica di questa situazione e di come si è invece aperto il 2020, prima dell’interruzione delle attività?
Sicuramente un +10% sul territorio piemontese, dove consideriamo Abbonamento Musei ormai maturo e ben radicato, significa avere un pubblico fidelizzato, affezionato al nostro sistema mussale, molto partecipe. Numeri importanti non solo sulle vendite, ma anche sulle visite effettive generate dagli abbonati. Nel 2019, per il secondo anno consecutivo, abbiamo superato il milione di ingressi. Di certo ci sono stati alcuni eventi espositivi importanti, che hanno fatto da traino, ed è un trend che conosciamo da sempre, ma è poi rilevante la partecipazione degli utenti sul territorio. Grazie alla convenzione con la Valle d’Aosta, abbiamo inserito altri sedici beni nel circuito, che si aggiungono al Forte di Bard, primo tassello di questo ampliamento. Finito il 2019, avevamo cominciato un 2020 altrettanto positivo. Al 9 marzo, data di sospensione definitiva della vendita degli abbonamenti, anche sui canali online, ne avevamo già venduti 44 mila. C’erano in corso delle mostre importanti, come Andrea Mantegna a Palazzo Madama, e aspettavamo l’apertura di quella sul Barocco alla Reggia di Venaria. L’arresto della cultura, quindi, è stato un vero shock. Basti pensare che nel mese di marzo del 2019 avevamo incassato oltre 500 mila euro dalla vendita degli abbonamenti. Ora si parla di perdite per milioni di euro, come ha rilevato l’Osservatorio Culturale Piemontese. Ciò su cui il sistema museale si sta interrogando è come si potrà ripartire, perché difficilmente sarà una riapertura fin da subito a pieno regime, a pieno ritmo.
Un altro dato interessante, emerso dal report del 2019, riguarda la fidelizzazione degli abbonati sul web, con cifre molto alte di iscrizioni alla newsletter e di interazioni sui social. Può essere, quindi, il digitale, un canale da cui ripartire per rinsaldare il legame tra musei e visitatori?
Certo. Dico sempre che che noi non abbiamo una sede fisica in cui trovarci, siamo solo un servizio offerto. Quindi, già da tempo, abbiamo dovuto creare una comunità online molto forte, investendo sul sito internet e i database. Negli anni abbiamo sempre lavorato con molta attenzione sul digitale. Contando 160 mila abbonati su tre regioni, era indispensabile avere strumenti efficaci per dialogare con un pubblico così vasto: nel 2019 abbiamo registrato più di 2 milioni di clic unici sul sito e la newsletter vanta oltre 150 mila iscritti, con un tasso di apertura che supera il 30/35%. Questo significa che gli abbonati si fidano della nostra comunicazione, la giudicano uno strumento efficace. È un pubblico ricettivo, e noi ne siamo orgogliosi. In queste settimane, quindi, abbiamo riprogrammato la nostra linea editoriale, ma usando gli strumenti già implementati, facendo da cassa di risonanza a disposizione dei musei e a favore degli abbonati.
Quest’anno Abbonamento Musei compie 25 anni, ma l’anniversario è ora minato dall’emergenza sanitaria in corso. Pensate di recuperare qualche iniziativa in programma, quanto la situazione sarà ritornata alla normalità?
Le compiremo il 21 aprile, giorno dell’atto costitutivo della nostra associazione. Pensavamo di organizzare un momento di condivisione di risultati e prospettive con i nostro stakeholder, ma per il momento è tutto rimandato. Nella riprogettazione considereremo anche un’occasione per ricordare l’anniversario come punto d’inizio per il nuovo.
A proposito di nuovo inizio, come vi immaginate la partecipazione del pubblico, dopo il Coronavirus? Che ruolo può giocare, qui, Abbonamento Musei, nel rinsaldare il patto di fiducia tra musei e visitatori?
Io credo che l’abbonato debba essere veramente considerato una grande risorsa, anche in questa occasione. È un pubblico fedele, un appassionato di musei e mostre. Da qui dobbiamo ripartire, con tutta la delicatezza e l’attenzione derivante dal fatto che staremo uscendo da un periodo difficile. Stiamo già immaginando una sorta di messaggio da lanciare non appena ci sarà possibile, proprio per riappropriarci di questa abitudine: una frequentazione assidua, con una media di otto visite l’anno ai musei. Da qui ripartiremo per ristimolare un pubblico con cui, però, in questo periodo, la relazione non si è mai interrotta, ma si è spostata sul digitale, per compensare il mancato incontro fisico. Ad esempio abbiamo realizzato sul web l’iniziativa “Disegniamo l’arte”, ed è solo uno dei tanti strumenti che stiamo continuando ad alimentare per mantenere attivo questo patto. Dovremo lavorare su nuove proposte e occasioni di visita, e sarà questo il fulcro della nostra riprogettazione per tutto il 2020, indipendentemente da quando si riaprirà.