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Eventi | 21 maggio 2017, 10:02

Salone del Libro di Torino, Sepúlveda e Petrini alla ricerca della felicità: sviluppo sostenibile, unione solidale

Lo scrittore cileno e il fondatore di Slow Food hanno dialogato con Marino Sinibaldi sul libro scritto assieme a José Mujica, Vivere per qualcosa

Salone del Libro di Torino, Sepúlveda e Petrini alla ricerca della felicità: sviluppo sostenibile, unione solidale

Uno è un attivista appassionato e romantico che non ha mai smesso di credere nel sogno utopico per eccellenza, la giustizia, da applicare in campo politico, sociale e ambientale. L'altro è un idealista visionario e geniale, che ha concretizzato un vasto progetto di sostenibilità andando a toccare con mano la terra coltivata ogni giorno dall'uomo. Insieme compongono i due terzi dell'autorialità di Vivere per qualcosa, scritto con il presidente uruguaiano José Mujica, detto “Pepe”: un libro che racconta in che modo sia possibile indirizzare collettivamente energie e inclinazioni verso il raggiungimento dell'unico scopo meritevole nella vita, la felicità.

Al Salone del Libro Luis Sepúlveda e Carlo Petrini hanno dialogato con Marino Sinibaldi attraversando i tanti temi da cui è scaturita l'opera scritta a sei mani per un nuovo e originale disegno del mondo. Al centro, una politica di solidarietà e condivisione, che inglobi l'attenzione all'ambiente e la cura dell'essere umano nella sua piena dignità.

Da scrittore illuminato e militante, che ha pagato a caro prezzo la lotta per la libertà e l'indipendenza, Sepúlveda ha sottolineato il valore della felicità collettiva al di sopra di quella individuale, perché “o si è felici tutti, o non lo è nessuno”. Una condizione raggiungibile solo attuando una politica di inclusione e altruismo che deve partire dalle piccole azioni quotidiane. E a questo proposito ha affettuosamente raccontato dell'amico Pepe Mujica, il presidente povero, che, al momento del suo insediamento, rifiutò la macchina presidenziale preferendo continuare a utilizzare la sua personale, vecchia e ben poco autoritaria.

Per nulla avvezzo ai privilegi materiali, ha preferito profondere la sua intelligenza e competenza nell'educazione del popolo, in particolare le fasce giovanili, credendo che il senso del fare politico risiedesse proprio nella partecipazione dal basso.

Esattamente come Carlo Petrini, che, nelle sue lunghe peregrinazioni in giro per il mondo, ha scorto “bagliori di felicità” negli occhi delle persone più umili e semplici, radicate nel territorio d'origine.

E il fondatore di Slow Food ha riflettuto sul ruolo dittatoriale rivestito ora dell'economia, che governa le nostre vite in modo totalizzante. “La ricchezza e la conoscenza sono concentrate nelle mani di poche persone”, spiega. E coglie l'occasione per lanciare un'accusa all'ignoranza e ottusità degli uomini che guardano inermi alle centinaia di persone che costantemente muoiono nel Mediterraneo, vittime, prima ancora che del mare, delle politiche non eque e del monopolio occidentale sul benessere.

Lo strapotere delle multinazionali, le conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici, il neocolonialismo con i suoi drastici effetti di risonanza: queste le grandi forze all'origine della disperazione di una madre che sale su un barcone malsicuro con la consapevolezza di poter raggiungere la morte tenendo tra le braccia il proprio figlio. “Dobbiamo riuscire a cogliere questo momento storico, cominciando a pensare a nuove forze da mettere in campo”, declama a gran voce Petrini. “Gramsci diceva che la conoscenza ci rende liberi. Questo sapere va quindi redistribuito equamente tra tutti, perché felicità significa trovare una via d'uscita, un nuovo paradigma”.

Manuela Marascio

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