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Eventi | 22 aprile 2018, 08:22

"Le cronache dell’abbandono" di Gigi Giancursi oggi, al Pop, in occasione della rassegna "Funamboli"

L’ex Perturbazione esordisce con il primo disco da solista: dodici tracce che parlano di quotidianità intrisa di immagini poetiche, spirituali e filosofiche

"Le cronache dell’abbandono" di Gigi Giancursi oggi, al Pop, in occasione della rassegna "Funamboli"

Un resoconto di vita e di esperienze musicali interamente autoprodotto e intenzionalmente non pubblicizzato, non affidato alle grandi catene di produzione né ai circuiti web o streaming: esordisce così Gigi Giancursi, militante, per venticinque anni, del gruppo rivolese Perturbazione, con un album intitolato Cronache dell’abbandono, il quale verrà presentato, oggi, al Pop di via Berthollet, a partire dalle ore 15, in occasione della rassegna “Funamboli”.

Le dodici tracce che compongono il suo primo lavoro da solista sono intrise di quotidianità, costellata da immagini poetiche, spirituali e filosofiche cui l’autore dimostra di non voler rinunciare nemmeno nell’universo di bollette, codici e password perdute descritte dal brano “Modello unico”, che apre il disco, cui seguono tutti i disagi e gli aspetti più diversi della routine, quali “L’ammazzacaffè” e “Il cantico dei divorziati”, accompagnati da altri testi di spicco come “Chez Voltaire”, “L’abbandono”, “E noi che pensavamo”, “Controcorrente” e “Via dal campo”.

Un album, dunque, che rivela un mondo meditato, vissuto, fedelmente fotografato, al pari delle canzoni che lo compongono, scritte, arrangiate, registrate e prodotte interamente da Giancursi, “con tutte le imprecisioni, le stonature, i rimpianti, le compressioni sbagliate, perché – spiega lo stesso – se una canzone arriva, arriva. E basta”.

A ciò si aggiunge l’estrema autenticità del duplice significato che racchiude in sé la parola “abbandono”, resa magistralmente in acquarello dalla disegnatrice Silvia Gariglio: una donna che, dal trapezio, ha appena spiccato il volo, rivolgendosi a un tramonto dai colori rassicuranti.

Perché, forse, all’abbandono si accompagna sempre un po’ di conforto al pensiero di tornare a, e con, se stessi.

Roberta Scalise

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