No al panino da casa nelle mense scolastiche, oppure pagamento del servizio di assistenza e pulizia dei tavoli per chi si porta la "schiscetta". Sono queste le due strade che hanno intrapreso la maggioranza delle scuole torinesi, dopo la sentenza della Corte di Cassazione che stabilisce come non sia più obbligatorio garantire il diritto del pasto da casa.
Domani, 31 ottobre, è l'ultimo giorno in cui i presidi potranno comunicare cosa intendono fare ma, come spiega l'avvocato di CaroMensa Giorgio Vecchione, sono pochi quelli che proseguiranno con il pranzo fai da te. Diversi istituti comprensivi - come Peyron-Umberto I, King Mila, Salvemini Morante, Ilaria Alpi - faranno pagare da 20 euro a 170 euro all'anno per coprire i costi di assistenza per chi si porta il baracchino.
Altre come l'Istituto Comprensivo Tommaseo hanno scelto di vietare il panino da casa. "Nel nostro istituto - spiega la dirigente Lorenza Patriarca - non c'erano le condizioni: da lunedì non si potrà più portare il pasto da casa in mensa. Aspettiamo di vedere cosa succede, se dovremo chiamare a casa i genitori per venire a prendere i figli".
Certo è che il prossimo passo saranno i ricorsi dei genitori contro quelle scuole che hanno scelto la linea dura o di far pagare. "Le scuole - commenta l'assessore comunale all'Istruzione Antonietta Di Martino - stanno concludendo le loro valutazioni in base alla propria offerta formativa e alla loro situazione organizzativa. Nelle delibere dei consigli d'istituto queste situazioni vanno ben motivate, soprattutto se conducono verso il diniego al pasto domestico", ha concluso.
Il primo effetto concreto della sentenza di Corte di Cassazione e dei no è che molti bambini sono tornati a mangiare nelle mense scolastiche. Il Comune di Torino non dispone ancora dei dati ufficiali: se nel 2018/2019 tra elementari e medie erano circa 9.500 i bambini che avevano optato per la "schiscetta" (uno su quattro), per questo anno scolastico la cifra è certamente destinata a scendere.