L’isolamento e la distanza sociale sono accorgimenti imprescindibili per chi contrae il Coronavirus in forma “soft”, senza doversi recare in ospedale per delle cure mediche. Eppure, l’isolamento domiciliare non è scontato per tutti. Anzi. Chi vive in alloggi piccoli, chi ha una famiglia numerosa o chi si trova in particolari situazioni di fragilità, molto spesso si trova impossibilitato a seguire le direttive comunicate dall’Unità di Crisi e dal Governo stesso.
In città i casi positivi riscontrati sono 2715, ma non tutti sono ricoverati in ospedale, molti vengono seguiti a domicilio dalle Usca, le Unità Speciali di Continuità assistenziale. Per questo motivo il Comune di Torino sta valutando delle soluzioni per garantire la giusta tutela sanitaria anche a quelle persone che non possono auto isolarsi. Una delle ipotesi prese in considerazione è quella di utilizzare gli alberghi torinesi per ospitare quei positivi Covid che in casa non riescono a distanziarsi dai loro famigliari.
In effetti, con le strutture ricettive chiuse e con un calo d’affari previsto nei prossimi mesi, la soluzione permetterebbe di tutelare la salute pubblica e di continuare a dare lavoro agli albergatori. Per il momento si tratta solo di un’ipotesi, ma da Palazzo Civico garantiscono :”Ci stiamo lavorando”. Una conferma arriva anche dall’assessore alle Politiche Sociali, Sonia Schellino, intervenuta in commissione: “L’uso di alberghi può avere un senso, c’è la necessità di avere spazi individuali per le persone, persone che sono in grado di gestire uno spazio individuale”. Qualche esempio "simile" in realtà già c'è, con Combo che ha declinato la propria offerta all'ospitalità dei bimbi con genitori in ospedale.
D’altra parte, come ricordato dall’assessore, per garantire un corretto auto isolamento servirebbero due bagni, sufficienti metri quadri e spazi divisibili per separare il positivo dal resto della famiglia. Una condizione non accessibile a tutti. Tra i problemi vi sono poi la questione minori, separati dai genitori positivi al Coronavirus, e la difficoltà a mantenere le distanze in luoghi frequentati da persone appartenenti alle fasce deboli della società, come per esempio i dormitori.
Un’altra delle ipotesi al vaglio del Comune di Torino è quella della conversione degli spazi pubblici o di coinvolgere le strutture appartenenti agli enti del terzo settore. Di certo vi è la necessità di avere pronta, nel minor tempo possibile, una rete abitativa che non si attivi solo per l’emergenza sanitaria ma sia sempre a disposizione dei cittadini. Una rete che potrebbe rivelarsi fondamentale, soprattutto nella delicatissima fase 2.